Puntata #17

Lo spazio dei curiosi di futuro

Il nuovo treno proiettile giapponese dei record. L’Alfa-x categoria Shinkansen.
Supervelocità nei viaggi interstellari. Un progetto per superare i limiti delle attuali tecnologie, grazie ai laser ed alla miniaturizzazione.
Intelligenza artificiale di Facebook: convertire la voce di un cantante in un altro. A cosa serve?
La prossima evoluzione di realtà virtuale ed aumentata.
La vita umana oltre i 100 anni: genomica, AI, cibo, amortalità, approccio moonshot.



IL NUOVO TRENO PROIETTILE DEI RECORD GIAPPONESE

Questa settimana, la compagnia ferroviaria giapponese JR East ha presentato il suo nuovo Alfa-X, un treno ad alta velocità progettato per raggiungere una velocità massima di 400 km/h, che lo renderebbe il treno commerciale più veloce al mondo.

In realtà i treni proiettile giapponesi, conosciuti con il termine Shinkansen, sono già stati testati a velocità maggiori, fino a 443 km/h, ma la loro velocità di servizio non eccede quella stabilita dalle compagnie. L’Alfa-X sarebbe l’unico in grado di percorrere in sicurezza ampie tratte alla velocità di 400 km/h.

Venerdì, JR East inizierà a testare l’Alfa-X, senza passeggeri, sulle sue ferrovie. Secondo Bloomberg, il treno da 10 carrozze farà il percorso tra le città di Aomori e Sendai di notte, per i prossimi tre anni, sempre in ottica di test. La società ferroviaria spera di utilizzare commercialmente l’Alfa-X entro il 2030. E Japan News dice che la linea sarà poi estesa a fino a Sapporo, ampliando ulteriormente le attuali aree coperte dall’alta velocità.

In realtà la corona di treno più veloce al mondo potrebbe riguardare la linea ferroviaria a levitazione magnetica che si sta costruendo tra Tokyo e Nagoya, e che dovrebbe aprire nel 2027. Il treno che sarà operativo in quella tratta, tuttavia, sfrutterà un percorso protetto come un tunnel per raggiungere una velocità massima di 505 km/h. Questo progetto è stato oggetto di scandalo nel 2018, anche se sembra essere ancora in corso, e comunque si basa su un’altra tecnologia e quindi non è di questo che vogliamo parlare oggi.

Prima di tutto, mi sono posto una domanda, ma perché il Giappone è così all’avanguardia nel campo dei treni ad alta velocità? Infatti è dal lontano 1964, anno delle prime Olimpiadi Tokyo, che il primo treno shinkansen, mise in collegamento le città fulcro dell’economia giapponese, Tokyo, Nagoya e Osaka, trasportando fino ad oggi si stima quasi sei miliardi di passeggeri. Ed il fenomeno è anche sociale se si considera che la passione per i treni fa si che il paese vanti una community di oltre 2 milioni di persone che si definiscono “railfan” ed i cui comportamenti girano attorno all’utilizzo, la fotografia, i magazine, la passione e la conoscenza tecnica dei mezzi.

Sembra che il settore ferroviario voglia essere lo specchio della cultura umana e tecnologica del paese. Il ritardo è intollerabile e tutti i treni sono semplicemente in orario. La pulizia è un compito che si svolge in maniera scientifica, orologio alla mano, e strutturato movimento per movimento, per far si che il treno pochi minuti dopo il suo arrivo in stazione sia già pronto per ripartire secondo i massimi standard di qualità per i passeggeri.

Inoltre, funzionano benissimo perché lo Stato non è mai intervenuto nella gestione privata delle compagnie, se falliscono, vengono chiuse e le tratte soppresse. Quindi o sono in grado di operare secondo i massimi standard e fornire qualità ad ampio raggio ai clienti o scompaiono. Ecco perché i servizi a bordo dalla ristorazione alle terme, in alcuni casi singolari, sono un tema di servizio cliente, non meramente di marketing.

Ci sarebbero mille aspetti di questo mondo parallelo che sarebbe stuzzicante approfondire, come il fatto che ogni stazione ha una sua musichetta distintiva per richiamare l’attenzione sulla prossima partenza di un treno, e che questi gingle sono cult nazionali, ma l’altro punto che volevo approfondire, ovviamente, è come sono fatti tecnologicamente questi treni.

L’Alfa-X, per esempio, ha un muso che si estende per 22 metri per tagliare la resistenza al vento, e secondo Bloomberg avrà freni pneumatici sul tetto e utilizzerà anche piastre magnetiche vicino alle rotaie per rallentare, oltre ai freni convenzionali. I treni proiettile sono in realtà di elettrotreni o electric multiple units, cioè hanno trazione diffusa in tutte le carrozze anziché concentrata esclusivamente nella locomotiva. Spinta diffusa, capacità di fendere l’aria e grande leggerezza dei materiali, volendo sintetizzare.

Raggiungono facilmente grandi velocità però, non solo per l’elevata tecnologia, ma anche e soprattutto per la progettazione intelligente della rete. La linea ferroviaria, infatti, è studiata per non incontrare ostacoli, per esempio, non esistono passaggi a livello, o per superarli tramite viadotti e tunnel, senza dover creare curve lente lungo il tracciato per aggirarli. E’ noto che aggirare un ostacolo è meno costoso che scavare un tunnel per bucare una montagna, per esempio, ma qui si è fatta una scelta deliberata in favore della velocità. In pratica, i treni proiettile non sono costretti quasi mai a rallentare, nonostante la geografia montuosa del Giappone.

E la sicurezza? Pensate che il primo deragliamento di un treno superveloce giapponese è avvenuto solo nel 2004 a causa di un terremoto. Pur senza registrare morti o feriti l’episodio ha portato il Giappone a migliorarsi ancora. Ogni 20 km la rete è dotata di sismografi che tolgono l’alimentazione alla linea nel momento in cui rilevano una scossa di terremoto superiore a certi parametri. Ma non basta, l’Alfa-X per esempio sarà dotato di ammortizzatori per evitare oscillazioni, in particolare durante un eventuale terremoto. E sapete come funziona la sicurezza sulle linee minori e più lente? Il Capotreno deve indicare con un dito i segnali che incontra lungo il percorso e dirli ad alta voce, in modo da imporre all’individuo di non cadere mai in una noiosa routine che può far cadere in errori da eccesso di sicurezza. Perché dove non arriva la tecnologia, l’alternativa era e resta la disciplina.

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SUPERVELOCITA’ NEI VIAGGI INTERSTELLARI

Per restare in tema di velocità, mi ha molto colpito il filone di studi intrapreso dall’Università della California, Santa Barbara, che sta lavorando su una tecnologia potenzialmente capace di ridurre il viaggio di un manufatto umano verso Alpha Centauri, il sistema stellare più vicino a noi, da 100.000 anni a soli 20 anni.

E parliamo di anni uomo, non anni luce.  Fa sempre bene ricordare la differenza: l’anno luce corrisponde alla distanza che un oggetto percorrerebbe se viaggiasse a velocità uguale a quella della luce nel vuoto, ossia quasi 300.000 chilometri al secondo, in un anno solare. Con le attuali tecnologie il tempo necessario per percorrere un anno luce è circa 13.500 anni umani. Quindi quando sentiamo dire che un certo oggetto, pianeta, stella, galassia si trova, per esempio, a 7 anni luce, in realtà stiamo dicendo che ci servirebbero circa 100.000 anni umani per raggiungerlo.

Sotto la guida del professor Philip Lubin, un gruppo di scienziati ha dedicato un notevole sforzo per la creazione di una missione interstellare composta da una vela leggera ad energia diretta e da una navicella spaziale della dimensione di un wafer.

Gli scienziati ritengono di essere in grado di spingere l’oggetto al 20% della velocità della luce, utilizzando dei laser. L’oggetto in questione sarebbe una nuova navicella spaziale prevista per i viaggi interstellari che pesa come un pacchetto di chewingum ed è figlia della più spinta miniaturizzazione. E anche se è piccola, potrebbe comunque ottenere immagini e altri dati e trasmettere informazioni sulla Terra.

Recentemente, il gruppo di lavoro ha raggiunto un’importante pietra miliare testando con successo una versione prototipo del loro wafercraft, che ha preso il nome di StarChip. Questo consisteva nell’inviare il prototipo tramite palloni nella stratosfera per testarne la funzionalità e le prestazioni.

Il lancio è stato condotto in collaborazione con la United States Naval Academy di Annapolis il 12 aprile 2019, data scelta in concomitanza con il 58° anniversario del volo spaziale orbitale del cosmonauta russo Yuri Gagarin, che lo rese il primo essere umano ad andare nello spazio. Il test consisteva nel lanciare il prototipo a bordo di un pallone aerostatico ad un’altitudine di 32 km sopra i cieli della Pennsylvania. Lo StarChip ha funzionato e restituito fotografie, ma certamente un vero viaggio spaziale sarebbe ben altra storia.

I sistemi laser che spingono l’imbarcazione a velocità interstellari non esistono ancora, e la versione attuale della navicella non è in grado di sopravvivere alle dure condizioni dello spazio: freddo, radiazioni mortali e particelle altamente cariche. Del resto, questo primo passo è stato compiuto utilizzando apparecchiature standard progettate più per smartphone e orologi che per i viaggi nello spazio.

Ma il punto non è passare dai componenti commerciali a basso costo a quelli testati per lo spazio, e non è nemmeno dotare la navicella spaziale delle protezioni contro radiazioni, temperatura ed altre ostilità ambientali varie, bensì la costruzione di strumentazioni laser sulla Terra in grado di accelerare la vela. Se si dispone di un laser sufficientemente potente, è possibile spingere la vela laser per raggiungere l’obiettivo del 20% della velocità della luce. E questa infrastruttura non c’è ancora.

Dal 2009, l’Experimental Cosmology Group, questo il nome del team di ricerca, è impegnato nella ricerca e nello sviluppo di questo concetto come parte di un programma NASA Advanced Concepts chiamato Starlight. Dal 2016, hanno ricevuto un notevole sostegno da Breakthrough Initiatives, il programma di esplorazione spaziale senza scopo di lucro creato dal miliardario russo Yuri Milner.

Anche se apparentemente 10 anni per arrivare ad un semplice esperimento sembrano tanti, sappiamo che quando iniziano ad arrivare prima fondi pubblici e poi consistenti risorse private vuol dire che c’è qualcosa di importante in ballo.

Infatti, questo è solo il primo tassello di una strategia di più ampio respiro. Piuttosto che creare un’unica navicella spaziale, il team spera che la loro ricerca porti alla creazione di centinaia e persino migliaia di navicelle miniaturizzate che potrebbero visitare gli esopianeti nei vicini sistemi stellari. Queste navicelle spaziali eliminerebbero la necessità di propellente e sarebbero in grado di compiere il viaggio in pochi decenni piuttosto che in secoli o millenni.

Da questo punto di vista, queste navicelle spaziali sarebbero in grado di rivelare se la vita esiste o meno al di fuori della Terra, nei nostri tempi di vita. Un altro aspetto interessante del progetto riguarda l’invio di vita dalla Terra ad altri esopianeti. In particolare, i tardigradi e il nematode c. elegans, due specie che si sono dimostrate altamente resistenti alle radiazioni, in grado di gestire le condizioni avverse dello spazio e di essere criogenicamente congelati e rianimati. Ed ecco spiegato perché un esperimento universitario come tanti, potrebbe invece essere alla base di un progetto di ricerca di vita aliena, al quale potremmo realisticamente assistere nel corso delle nostre vite.

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CONVERTIRE LA VOCE DI UN CANTANTE IN UN ALTRO

L’intelligenza artificiale di Facebook può convertire la voce di un cantante in un altro.

Negli scorsi mesi vi ho raccontato in un episodio di The Future Of come l’intelligenza artificiale sia in grado di creare volti umani perfettamente realistici di persone che non esistono. Vi ho poi narrato di come un algoritmo di OpenAI riesca a scrivere interi articoli di giornale ed inventare storie credibili, replicando lo stile del giornalista o dello scrittore presi come esempio di riferimento. Sullo stesso filone, abbiamo letto che l’intelligenza artificiale può generare disegni animati a partire da semplici testi, o montare su un’aria di Mozart lo stile di un pianista che sta suonando Bethoveen. Ma che dire di adattare lo stile di canto di una persona a quello di un’altra? Ora ha anche questa caratteristica, ma il perché è un piccolo mistero.

In un articolo pubblicato qualche giorno fa dal titolo eloquente, “Unsupervised Singing Voice Conversion”, gli scienziati del centro di ricerca sull’intelligenza artificiale di Facebook e dell’Università di Tel Aviv descrivono un sistema che converte direttamente la voce di un cantante in quella di un altro. Tanto più impressionante, perché è senza supervisione: il che significa che è in grado di eseguire la conversione partendo da dati non classificati e non annotati, che non ha mai incontrato in precedenza.

Il team sostiene che il loro modello è stato in grado di imparare a convertire le voci di cantanti allenandosi con audio di meno di 30 minuti delle loro voci, a volte anche solo 5 minuti, anche grazie ad un innovativo schema di formazione dell’algoritmo e a tecniche specifiche di lavoro sui dati che hanno consentito di ottenere risultati eccellenti, anche partendo da pochi campioni di canzoni.

La soluzione proposta non è condizionata dal testo o dalle note, e converte direttamente l’audio di un cantante nella voce di un altro. La formazione viene eseguita senza alcuna forma di supervisione: non serve lavorare sul testo della canzone o fare l’analisi di qualsiasi tipo di caratteristica fonetica della voce di partenza, non serve nemmeno analizzare note musicali.

Tutto ciò che serve è registrare una canzone con la propria voce ed inviare il file alla macchina. L’intelligenza artificiale non vi deluderà e basterà decidere di trasportare la vostra voce sulla canzone cantata da qualcun altro o viceversa ed il gioco è fatto in maniera praticamente istantanea.

Ma a cosa serve un’applicazione di questo tipo? Tutte le volte che un nuovo algoritmo viene descritto in rete, gli esperti si affrettano a spiegare di come serva nel campo del gaming, nell’ausilio allo svolgimento di determinate attività nobili in campo medico o ambientale, a scopo anche meramente ludico se quello è l’obiettivo, ma in questo caso nulla. Tranne una blanda e poco credibile affermazione che questo può aiutare i cantanti in erba a migliorare la propria voce ed il proprio stile, nessuna spiegazione. E non possiamo certo pensare che il tutto serva a Facebook per lanciare una qualche funzionalità dove mi metto a duettare con Bono degli U2 o Micheal Jackson, con costi di diritti d’autore che sarebbero semplicemente mostruosi.      

In generale possiamo dire che tutti i progressi relativi all’audio ed all’interazione vocale macchina – uomo sono oggi al centro dell’attenzione, perché come è facile intuire l’interazione attraverso la voce è la più veloce e naturale in assoluto. Navighiamo i menu delle app sui minuscoli schermi dei nostri cellulari da poco più di un decennio, mentre parliamo dai tempi del Neanderthal. E questo è chiaro, ma cantare è un’altra storia. E di sicuro Facebook non si muove a condurre ricerche dedicate ad un tema tanto per divertimento o perché i suoi scienziati non hanno nulla di meglio da fare.

Allora evidentemente la risposta va cercata non tanto in cosa l’algoritmo può fare, ma nel come è riuscito a farlo. E forse non è casuale che Facebook abbia sviluppato questa funzionalità a partire da tecnologie di proprietà di Google e condivise tra le parti. Così come il fatto che gli esiti della ricerca siano stati integralmente messi a disposizione della comunità degli sviluppatori.

Ipotizzo io tre spunti puramente speculativi:

  • Primo: la velocità con la quale l’algoritmo impara. E’ noto che la parte più costosa e lenta del creare un nuovo algoritmo di intelligenza artificiale è proprio il training: se una macchina ha bisogno di migliaia o milioni di ore per imparare a fare qualcosa, invece che solo 5 minuti come in questo caso, lo sforzo è più impegnativo ed il time-to-market è più lungo;
  • Secondo: imparare a falsificare è utile per prevenire falsificazioni, fake e truffe; dal momento che Facebook è sempre sotto attacco se non riesce ad evitare che le fake-news siano diffuse sulla sua piattaforma e visto che progressivamente post video e audio aumenteranno di numero rispetto allo scritto, ecco che ci si inizia ad allenare a produrre e riconoscere eventuali falsi;
  • Terzo: Facebook ha davvero un grande progetto di resurrezione vocale di artisti defunti, in accordo con le loro famiglie e le relative case discografiche.

E voi avete qualche opinione in proposito? Cosa ne pensate se siete sviluppatori? E se invece siete semplici osservatori, con quale famoso cantante morite dalla voglia di fare un duetto?

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PROSSIMA EVOLUZIONE DI AR E VR

E’ ormai un decennio che ascoltiamo le incredibili promesse di come la realtà virtuale e quella aumentata cambieranno sostanzialmente le nostre vite e nonostante molte interessanti soluzioni siano arrivate al mondo consumer, oggettivamente quello che mi potrebbe cambiare la vita è sconfiggere i tumori o scoprire vita aliena intelligente, niente che abbia a che fare con un visore e mondi virtuali.

Di conseguenza non mi metterò a fare previsioni su quando queste tecnologie andranno mainstream, come si suol dire, cioè arriveranno alla massa dei consumatori, però credo sia interessante parlare di quali evoluzioni sono in corso e di come la convergenza di diverse tecnologie finirà inevitabilmente per accelerare la diffusione di AR e VR.

In primo luogo, possiamo notare come i giganti tecnologici più importanti di oggi abbiano già fatto il loro ingresso in scena ed ognuno di loro stia portando avanti nuove e future linee di prodotti:  HoloLens di Microsoft, Oculus di Facebook, Sumerian di Amazon e Cardboard di Google, mentre Apple prevede di rilasciare un auricolare dedicato entro il 2021. Al di la di quale sarà la soluzione vincente, la presenza di uno o più “champion” è già un pre-requisito per il successo di una tecnologia. Ed i prezzi per gli utenti sono già in calo, altro segnale inequivocabile.

Dal punto di vista tecnologico cosa succederà?

Primo: una transizione da dispositivi mobili VR basati su PC a dispositivi VR mobili autonomi. Storicamente, i dispositivi VR si sono affidati a connessioni PC, di solito con fili e hardware ingombranti che limitano il campo di movimento dell’utente. Tuttavia, mentre la realtà virtuale entra nella fase di dematerializzazione, stiamo per assistere alla rapida ascesa di un’economia di esperienza autonoma e altamente mobile. Collegamento con il telefono ed il wi-fi significa che nel giro di pochi anni, potremo portare con noi occhiali VR leggeri ed indossarli con un attimo di preavviso quando sarà utile farlo.

Secondo: il campo visivo dei display di realtà aumentata diventerà più grande. Nel settore quando ci si riferisce al “campo visivo” si intende l’estensione orizzontale, verticale o diagonale del campo dalla prospettiva dell’utilizzatore. Se il campo visivo, quello che gli inglesi chiamano “field of view” o FOV, è un rettangolino limitato al visore, la fruizione e la percezione sono molto, troppo diverse da quelle dell’occhio umano. La versione 2 di HoleLens ha già migliorato la dimensione del campo visivo e la 3 promette ulteriori passi avanti. In particolare, Microsoft intende sfruttare una tecnica già conosciuta, che si chiama foveated rendering, attraverso la quale il software renderizza ad alta risoluzione solo la porzione di schermo corrispondente all’area circostante al punto verso cui è diretto l’occhio. L’area corrisponde naturalmente a quella di massima acutezza visiva dell’occhio, che si chiama appunto fovea. Il che vuol dire risparmiare risorse hardware, dal momento che si offre la massima qualità solo nel punto dove “cade l’occhio” e non attorno dove è meno necessario.

In ogni caso la corsa per raggiungere il naturale FOV orizzontale umano a 120 gradi continua, perché espandere il campo visivo renderà questi dispositivi molto più utilizzabili.

Terzo: la mappatura del mondo reale per consentire la sovrapposizione con “mondi specchio”. Pokémon Go offre uno sguardo introduttivo al concetto del mondo specchio ed al suo enorme potenziale. I “mondi specchio” sono dimensioni alternative della realtà che possono sovrapporsi ed alterare uno spazio fisico realmente esistente. Mentre sei seduto nel tuo ufficio, il pavimento sotto di te potrebbe dissolversi e diventare un lago calmo e ogni scrivania una barca a vela. In classe, i mondi specchio trasformano le matite in bacchette magiche e i piani dei tavoli in touch screen.

Per creare questi mondi specchio, i dispositivi di realtà aumentata devono comprendere con precisione l’architettura del mondo circostante e quindi devono essere in grado di fare delle vere e proprie scansioni accurate del reale, direzione verso la quale alcuni player stanno già lavorando con insistenza.

Quarto: i dispositivi mobili 5G riducono la latenza a livelli impercettibili. Ho parlato recentemente di 5G a The Future Of e quindi il tema non è nuovo ed anzi è una ulteriore dimostrazione di come il 5G non sia un tema puramente relegato ai nostri smartphone.

Il 5G è fondamentale perché attualmente i dispositivi cellulari impongono troppi ritardi. Le applicazioni di realtà virtuale ed aumentata presuppongono l’impiego di una enorme quantità di dati, dal momento che entrambe queste tecnologie hanno a che fare con contenuti video che interagiscono in tempo reale con gli utenti. Il 5G sarà un abilitatore per la fruizione on-the-go, in movimento.

Quinto: eye-tracking ed espressioni facciali integrate per una comunicazione completamente naturale. I movimenti degli occhi e le microespressioni forniscono una preziosa visione delle emozioni e dei desideri dell’utente. Abbinati a software di intelligenza artificiale che rilevano le emozioni, i dispositivi VR/AR potrebbero presto consentire interazioni molto più ricche ed espressive tra due persone, trascendendo i confini fisici e persino le lacune linguistiche. Perché realtà virtuale ed aumentata non servono solamente per giocare, ma anche per comunicare. In conclusione, le evoluzioni tecnologiche interne al mondo VR ed AR e la convergenza di nuove tecnologie abilitanti, faciliterà l’adozione di dispositivi ed applicazioni di realtà virtuale ed aumentata. La presenza di champion di settore e l’abbassamento dei prezzi sono ulteriori segnali di una strada già intrapresa, anche se non è ancora facile prevedere se e quando ci sarà il boom lato consumer di cui si parla da tempo.

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LA VITA UMANA OLTRE I 100 ANNI

Una delle maggiori opportunità di investimento nel prossimo decennio sarà nelle aziende che lavorano per allungare la vita umana, un mercato che, secondo gli analisti della Bank of America, dovrebbe valere almeno 600 miliardi di dollari entro il 2025.

La durata della vita umana potrebbe presto passare 100 anni grazie alla tecnologia medica, e gli analisti della Bank of America credono che i sequenziatori di genoma come Illumina, gli attori high-tech come Alphabet e le aziende biotecnologiche come Novartis siano sull’orlo di “portare un aumento senza precedenti della qualità e della durata della vita umana”.

Attenzione quindi che queste considerazioni provengono da scenari e memo finanziari inviati agli investitori da una istituzione finanziaria, secondo la quale le conoscenze mediche raddoppieranno ogni 73 giorni entro il 2020 rispetto ai 3,5 anni del 2010, e i costi di sequenziamento genomico sono diminuiti del 99,999% dal 2003. Questo ha permesso ad una nuova frontiera della medicina di precisione di prolungare ulteriormente l’aspettativa di vita, preannunciando una rivoluzione della ‘techmanity’, un termine usato per indicare dove la tecnologia incontra l’umanità.

Con una dimensione di mercato già a 110 miliardi di dollari oggi, il team della Bank of America ha evidenziato cinque aree chiave e relativi titoli di aziende che vi appartengono: genomica, big data e salute guidata dall’intelligenza artificiale, cibi del futuro, “amortalità” e “moonshot medicine”.

Li andiamo ad esplorare in questo episodio.

La genomica, o lo studio del genoma umano, dovrebbe essere un’industria da 41 miliardi di dollari entro il 2025 e fornirà la prossima generazione di tecnologia di editing genico che apre potenzialmente a rivoluzionari progressi nella prevenzione e trattamenti delle malattie.

Entro tale data, si stima che i ricercatori avranno sequenziato tra i 100 milioni e i 2 miliardi di genomi umani. Questo enorme lavoro che stanno svolgendo porterà ad una vera rivoluzione: utilizzare la genomica per una medicina personalizzata, cioè curare la medesima malattia in maniera diversa, personalizzata su ciascun paziente. Aziende come il sequenziatore del genoma Illumina, il produttore di strumenti da laboratorio Agilent e il produttore di apparecchiature per le scienze della vita Danaher sono alcuni dei player che possono guidare l’evoluzione in questo dominio.

Il secondo filone di approfondimento è quello dei big data e dell’uso dell’intelligenza artificiale a supporto della ricerca medica. La crescita dell’intelligenza artificiale combinata con un corpo sempre crescente di dati sanitari dovrebbe aiutare i ricercatori ad analizzare la patologia, o lo studio delle cause e degli effetti delle malattie, negli anni a venire. I miglioramenti nella tecnologia hanno il potenziale per abbattere i costi legati alla salute e consentire la medicina di precisione.

Secondo uno studio pubblicato su Technology Review, per esempio, grazie ai big data è possibile raccogliere dati sufficienti per consentire ai medici di sapere con 12 mesi di anticipo e con una percentuale di sicurezza pari al 98% se un determinato farmaco provocherà degli effetti collaterali ad un paziente. Informazione che può essere utilizzata per prescrivere un medicinale diverso, aiutando il malato a guarire prima, ma anche a risparmiare.

I nomi in questo spazio, che si prevede che crescerà a 36 miliardi di dollari entro il 2025, includono la casa madre di Google Alphabet, Amazon ed Apple.

Il terzo tema riguarda il cibo del futuro. Il futuro delle aziende alimentari verte sul fatto che dovrebbero garantire un’alimentazione più sana e un’umanità sostenibile sul pianeta. Aziende come Dow DuPont e WW International dovrebbero far leva sull’editing genetico agricolo. Peccato che sul tema del cibo geneticamente modificato non c’è minimamente alcun accordo scientifico sulla sua reale pericolosità. Un recente tentativo di modificare geneticamente le piante di manioca, tra le più importanti fonti di carboidrati nell’alimentazione umana, ha prodotto come conseguenza virus mutanti resistenti ad ulteriori interventi umani, come riportato dalla rivista Focus. La disavventura che è rimasta confinata ai laboratori dell’Università di Alberta (Canada) è una nuova dimostrazione degli effetti indesiderati associati alla CRISPR-Cas9, la tecnica di editing genetico impiegata sempre più spesso anche nella ricerca agraria.

Il quarto topic di Bank of America usa un termine alquanto singolare “Amortalità”. La parola è apparsa per la prima volta in un articolo del 2009 su TIME Magazine e successivamente in un libro, Amortality: The Pleasures and Perils of Living Agelessly, pubblicato nel 2011. La parola è ora diventata comune insieme al sostantivo amortal per descrivere qualcuno che vive senza età o sembra resistente all’età. Nell’accezione di chi ne ha scritto per la prima volta si tratterebbe di uno stile di vita.

Quoto il Times per darne una descrizione: Gli Amortali vivono tra di noi. Nella loro adolescenza e a vent’anni, possono sembrare preternaturalmente esperti. In età avanzata, spesso sembrano giovani e si vestono più giovani. Hanno bambini presto o tardi – a volte molto tardi – o per niente. Le loro vite emotive sono caotiche come la loro pianificazione finanziaria. La caratteristica distintiva dell’amortalità è quella di vivere nello stesso modo, allo stesso tono, facendo e consumando più o meno le stesse cose, dalla tarda adolescenza fino alla morte.

Cowell (che è l’inventore del termine) è uno dei ragazzi manifesto, così come il francese Nicolas Sarkozy, mercuriale come un adolescente ormonale. Madonna è inesorabilmente amortale. È più facile diagnosticare la condizione quando si raggiunge la mezza età, ma ci sono gli amortali eterni bambini – pensiamo a Mark Zuckerberg, il più giovane miliardario autoprodotto del mondo, che sembra destinato a comportarsi come uno studente geek fino alla fine dei suoi giorni.

Il trend dell'”amortalità”, che dovrebbe valere 504 miliardi di dollari entro il 2025, aiuterà a migliorare la salute e la durata della vita, almeno secondo gli analisti.

Il quinto ed ultimo filone è quello della cosiddetta “Moonshot medicine”, un termine che non ha una vera e propria traduzione, se non la medicina che punta alla luna, per indicare quelle aziende che offrono soluzioni rivoluzionarie per l’assistenza sanitaria. Queste aziende stanno lavorando a cure o trattamenti per alcune delle malattie più difficili dell’umanità, dalla fibrosi cistica al morbo di Parkinson e Alzheimer.

La mentalità moonshot abbraccia l’idea che puntare ad obiettivi audaci è il modo migliore per apportare cambiamenti rivoluzionari alla salute. Il pensiero Moonshot ha dato vita a nuove e potenti iniziative negli ultimi anni: da Calico, una società di Google focalizzata sul prolungamento della vita, al programma Moon Shots dell’MD Anderson Cancer Center, all’iniziativa della Casa Bianca sulla medicina di precisione e a Moonshot del Vice Presidente Joe Biden per sconfiggere il cancro. Come sempre le classificazioni, come quella fatta da Bank of America sono un esercizio utile per semplificare, raccontare e chiarire le cose, quindi anche se questi 5 filoni sono solo uno dei modi di vedere come stanno evolvendo la medicina, la società ed il variegato mondo della salute, mi sono sembrati una ottima fotografia di come il settore si presenterà nel prossimo decennio.

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