
L’hackerabilità dell’uomo interconnesso non è fantascienza (anche se capisco che il titolo potrebbe lasciarvi parecchio perplessi). Grazie alle brain computer interface (interfacce tra uomo e computer / macchina), ai dispositivi di lettura dei segnali elettrici generati dal nostro cervello ed ai sistemi di editing del DNA, è possibile violare le parti più profonde ed intime dell’essere umano. O almeno lo sarà in un futuro molto prossimo, man mano che l’esperienza di interpretazione dei segnali diventerà sempre più raffinata. Tanto che i ricercatori invitano i legislatori a proteggere la “mental privacy” e scoraggiare digitalizzazione e trasferimento dei dati sul nostro patrimonio genetico. Oggi le nostre esperienze, i nostri ricordi, il nostro più intimo DNA sono solo nostri, mentre domani potrebbero assistere ad accessi ed alterazioni “indebite”, che di sicuro non ci farebbero molto piacere. Con o senza il nostro consenso. Siamo pronti a questa nuova frontiera dalle conseguenze del tutto inesplorate?
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Carlo Rubbia ha detto “Siamo su un treno che va a trecento chilometri all’ora, non sappiamo dove ci sta portando e, soprattutto, ci siamo accorti che non c’è il macchinista.”
Una frase che si presta bene ad introdurre il tema dell’hackerabilità dell’essere umano futuro, plasmato dalla possibilità di modificare il suo DNA, dall’integrazione tra cervello umano e computer e dagli algoritmi che ci conoscono meglio di noi stessi.
Perché si tratta di territori ancora inesplorati, quando parliamo della vulnerabilità di questo nuovo “sistema uomo” agli attacchi esterni.
Forse qualcuno degli ascoltatori di The Future Of, in questo momento starà storcendo il naso, ma perché preoccuparsi di qualcosa che di fatto non è ancora avvenuto? Facciamo fatica a proteggere i nostri computer ed i nostri smartphone dai cyber attacchi esterni, perché preoccuparsi adesso dell’uomo?
HACKERARE IL CERVELLO
Perché probabilmente non avete ancora sentito parlare di Moran Cerf. Cerf, un ex hacker professionista del computer per più di un decennio, era curioso di sapere se era possibile “hackerare il cervello”, dando alle persone accesso e controllo sui sistemi inconsci.
Perchè, ovviamente, molte delle operazioni che il nostro cervello svolge, avvengono senza che noi nemmeno ce ne rendiamo conto. Facciamo un esempio, se chiedete a voi stessi o a qualcuno di vedere il mondo in tonalità di grigio, sapete che state chiedendo una cosa impossibile. Se il mondo è colorato, il cervello vede il mondo a colori. Punto. È fisicamente impossibile per qualcuno accedere a quei processi che avvengono nel proprio cervello, almeno per ora. Nell’esempio di prima, non possiamo controllare le parti che governano l’elaborazione del colore.
FEED-FORWARD
Inoltre, non è possibile cancellare i ricordi, rimuovere informazioni o controllare le emozioni a piacimento. Non puoi decidere che sarai triste per 10 minuti e poi felice per il resto della giornata. Tuttavia, Cerf sostiene che questo potrebbe cambiare.
Spiega che il cervello è attualmente cablato come una strada a senso unico. L’informazione va in una direzione. I neuroscienziati lo definiscono processo “Feed-Forward”.
È quasi impossibile che le informazioni si propaghino all’indietro nel processo, ma creando delle deviazioni all’interno di questi percorsi di trasmissione dagli organi recettivi alle parti del cervello che interpretano i segnali, i neuroscienziati potrebbero far fluire le informazioni in entrambe le direzioni.
Lavorando con pazienti il cui cervello era stato aperto per un intervento chirurgico, Cerf e il suo team hanno posizionato degli elettrodi all’interno del cervello per creare tali deviazioni. In questa particolare situazione, potevano accedere a piacimento a talune sezioni del cervello dei pazienti e addestrarli ad avere il controllo sulle parti normalmente inaccessibili. La grande domanda era: le persone potrebbero cambiare la loro interpretazione della realtà?
CAMBIARE L’INTERPRETAZIONE DELLA REALTA’
In pratica, hanno testato la loro ipotesi sul sistema percettivo.
Ci sono molteplici processi che avvengono prima che la tua mente veda: i fotoni colpiscono la retina, il tuo cervello aggrega le informazioni in colori e forme, e alla fine comprendi l’immagine come, ad esempio, tua madre.
Tuttavia, se tu potessi accedere alle sezioni giuste del cervello, potresti vedere una cosa con i tuoi occhi e una cosa diversa con la tua mente. Puoi vedere tua madre, ma suscitare il pensiero di tuo padre nell’occhio della tua mente. Questo è proprio quello che ha fatto il team di ricerca di Cerf, ma le possibilità non finiscono qui.
Con una formazione aggiuntiva, potrebbero permettere ai partecipanti di modificare ciò che hanno sentito. Immaginate di sentire un bullo che vi insulta, ma la vostra mente sceglie di ignorarlo completamente.
I risultati dello studio suggeriscono che con un maggiore controllo del cervello, le persone potrebbero avere più potere sulla loro vita. Si potrebbe vedere e sentire ciò che si vuole, invece di ciò che viene naturalmente attraverso i sensi. Si potrebbe controllare come ci si sente, il che potrebbe potenzialmente porre fine alla depressione.
SCANSIONI
Lo stesso Cerf, durante un’intervista, alla domanda “Cosa cambieresti nel tuo cervello se potessi?” ha risposto “Parlo troppo velocemente, ed è difficile per i miei studenti capirmi. Mi piacerebbe regolare la mia velocità. Ad un livello più nobile, mi piacerebbe essere in grado di aumentare l’empatia e capire meglio gli altri. Vorrei scegliere persone specifiche con cui allineare il mio cervello, genitori e amici, per capirli meglio.”
Ora se pensiamo al caso specifico, è chiaro che non conosciamo molte persone che si farebbero aprire il cranio per impiantarsi degli elettrodi, ma anche in questo caso la tecnologia sta progredendo rapidamente e già esistono opzioni decisamente meno invasive. Per esempio, già oggi sarebbe possibile scansire il cervello per capire cosa ci provoca piacere e cosa no. Si può già fare con grande accuratezza, ma è super noioso, quindi per ora viene fatto solo in laboratorio.
Teoricamente, una persona potrebbe indossare una cuffia EEG per vari giorni consecutivi, in tutti i suoi momenti di vita, dalla sala riunioni alla camera da letto, per così dire. Con questo, gli scienziati possono creare un diario di tutte le attività e tutte le scelte fatte dalla persona, capendo quando è risultata felice o insoddisfatta. Guardando ai momenti in cui il soggetto è stato felice, si può esaminare quel preciso stato cerebrale ed individuare le condizioni in cui vengono prese le decisioni che ti piacciono.
DISPOSITIVI MENO INVADENTI
Una volta che i dispositivi di analisi diventeranno più economici e meno invadenti, questa analisi potrebbe diventare popolare.
E con questa analisi, se fosse in real-time, l’individuo potrebbe imparare a riconoscere ed alterare i suoi comportamenti e le sue decisioni.
In uno scenario più distopico invece, basterebbe un’app per controllare gli elettrodi nel cranio dal telefono e decidere che oggi vogliamo vedere il mondo tutto azzurro, parlare più lentamente, ignorare i commenti delle persone sgradite o sentirsi più allegri e positivi per qualche ora.
OBIETTIVO PROFITTO
E se pensate che queste siano visioni da laboratori di ricerca evoluti o un po’ folli, la realtà è che anche alcuni ricchi imprenditori stanno andando in questa direzione. Ed ovviamente lo stanno facendo con l’obiettivo del profitto, cosa che rende un più preoccupante il tema della direzione di sviluppo intrapresa.
Con personaggi del calibro di Elon Musk e Mark Zuckerberg che sostengono con le loro energie (e finanze) lo sviluppo di interfacce uomo – computer (dette BCI), non ci vorrà molto tempo prima che questa tecnologia diventi main-stream, cioè comune. Immaginate di usare Facebook senza digitare, o di guidare un veicolo Tesla con la sola mente.
Zuckerberg ha detto che prevede una piattaforma che “ti permette di comunicare usando solo la tua mente” e ha sostenuto la divisione “tecnologie sperimentali” della sua azienda con centinaia di milioni di dollari di finanziamenti.
La visione di Elon Musk va anche oltre quella di Zuckerberg. Musk vuole creare un chip cerebrale che invia e riceve informazioni. Le possibilità offerte dalle BCI sono entusiasmanti da una parte ed estremamente spaventose dall’altra. La capacità di comunicare con le persone usando il tuo pensiero, ad esempio: intrigante. Il pensiero di un hacking e controllo della mente da parte di un criminale informatico: non tanto. Caricare un libro di testo digitale nella tua memoria la sera prima di un esame: estremamente interessante. Avere tutta la tua memoria cancellata o sostituita con ricordi falsi: devastante.
SIMBIOSI CON L’AI
Qualche tempo fa, Elon Musk, il cui interesse principale è creare il futuro, ha annunciato che una delle sue aziende, Neuralink, sta lavorando per fondere il cervello umano e il computer. Questo obiettivo sarà raggiunto piantando migliaia di minuscoli elettrodi nel cervello che convertirà il pensiero in segnali, che possono istruire un computer a fare dei compiti. Alla fine, l’uomo saprà tutto ciò che fa un computer, e come ha detto Musk “raggiungerà una sorta di simbiosi con l’intelligenza artificiale“.
Di nuovo possiamo pensare che queste tecnologie siano lontane nel tempo e che comunque servirà una quantità di ricerca pazzesca per arrivare a questi scenari. Ma non è così. In alcuni casi abbiamo già esempi di queste tecnologie, commerciali ed a basso costo.
L’inventore e neurotecnologo Philip Low sta sviluppando un monitor portatile chiamato iBrain in grado di rilevare l’attività elettrica del cervello dalla superficie del cuoio capelluto. Le persone con la malattia di Lou Gehrig (la famigerata sclerosi laterale amiotrofica) o altre forme di paralisi hanno ancora una sana attività cerebrale. Usando l’iBrain, i pazienti potrebbero usare i pensieri per controllare una mano virtuale sullo schermo di un computer.
Alcuni neuroscienziati stanno già traducendo la lingua del cervello in un semplice inglese. Il neuroscienziato Jack Gallant della University of California, Berkeley sta compilando un “dizionario del cervello” per tradurre i pensieri in immagini e parole. Gallant e i suoi colleghi hanno mostrato alle persone immagini diverse mentre misurano la loro attività cerebrale attraverso la risonanza magnetica funzionale (fMRI). Dall’attività cerebrale, il team di Gallant può ricostruire le immagini approssimative che la gente ha visto. Gli scienziati stanno anche sviluppando un dizionario di concetti che permette loro di indovinare cosa pensano le persone delle immagini che vedono.
DA DILETTANTI AD ESPERTI
La missione del neuroscienziato e imprenditore Chris Berka è invece quella di trasformare un dilettante in esperto in un solo giorno. Atleti, performer o altri esperti possono attingere ad uno stato di estrema concentrazione mentale, che prende la definizione di “essere nella zona”. Lo stato della zona (che anche i dilettanti possono raggiungere) ha una particolare firma nell’attività cerebrale. La società di neurotecnica Berka sta sviluppando una tecnologia per monitorare l’attività cerebrale delle persone durante un compito e notificare loro quando hanno raggiunto il loro “stato di picco delle prestazioni”, cioè, la cosiddetta zona. In sostanza, la tecnologia offre alle persone la possibilità di penetrare nel proprio cervello per migliorare le proprie prestazioni.
METTERE PENSIERI NEL CERVELLO
Ma cosa succederebbe se altre persone potessero infiltrarsi nel cervello di una persona e piantare dei pensieri lì? I programmatori di computer irrompono in sistemi sicuri usando delle “crepe” o delle debolezze software. Negli esseri umani, l’olfatto potrebbe essere una crepa per il cervello. Ilana Hairston, una psicologa dell’Academic College di Tel-Aviv Yaffo in Israele, usa l’olfatto per piantare informazioni nel cervello delle persone mentre dormono. Allena le persone che sonnecchiano ad associare certi odori piacevoli o sgradevoli a suoni particolari. La nozione suona come fantascienza, ma si basa su un percorso cerebrale che permette ai sensi come l’olfatto di entrare nel cervello senza consapevolezza cosciente.
I ricercatori della sicurezza delle Università di Oxford, Ginevra e Berkeley – hanno creato un programma personalizzato che è stato appositamente progettato con l’unico scopo di scoprire dati sensibili usando le BCI. Dati come la posizione della vostra casa, il PIN della vostra carta di debito, la banca che utilizzate e la vostra data di nascita. I ricercatori hanno provato il loro programma su 28 partecipanti, che erano cooperativi ma non sapevano di essere stati hackerati, e in generale gli esperimenti hanno avuto dal 10 al 40% di possibilità di ottenere informazioni utili.
FLAPPY WHALE
Recentemente, alla Enigma Security Conference, la ricercatrice e docente dell’Università di Washington Tamara Bonaci ha rivelato una tecnologia che potrebbe essere usata essenzialmente per “hackerare” il cervello delle persone.
Ha creato questa tecnologia intorno a un gioco chiamato Flappy Whale. Mentre la gente giocava al gioco, la tecnologia era in grado di estrarre segretamente le risposte neurali ad immagini subliminali proposte all’interno del gioco come loghi, ristoranti, automobili ed altri stimoli di natura commerciale. Ora, l’hackeraggio dei sentimenti e dei pensieri di fondo delle persone sul vedere un’immagine commerciale non sembra che possa causare molti danni, ma questa tecnologia ha il potenziale per raccogliere informazioni molto più intime su una persona. Le possibilità vanno da uno strumento di ricerca incredibilmente utile a un dispositivo di interrogazione potenzialmente spaventoso.
MENTAL PRIVACY
Sintetizzando quanto detto finora, se attualmente non c’è bisogno di farsi prendere dal panico sulla possibilità di leggere le nostre menti senza il nostro consenso o la nostra conoscenza, c’è una possibilità molto concreta di preoccupazioni etiche per il futuro, riguardo a queste tecnologie. Un giorno dovremo pensare ai segnali elettrici che produciamo biologicamente come dati che potrebbero essere rubati, manipolati o usati contro di noi.
Tanto che sono gli stessi ricercatori a spingere verso la definizione di nuove regole all’interno del campo dei nuovi diritti umani, che proteggono le persone dal furto, abuso o hacking dei loro pensieri e di altre informazioni sul cervello. Tanto da far coniare la dizione “mental privacy”.
Sollecitare che gli enti mondiali si attivino in questa direzione è una risposta ai rapidi progressi che si stanno facendo con tecnologie che leggono o alterano l’attività cerebrale e che molti si aspettano in grado di portare enormi benefici alla vita delle persone nei prossimi anni. Ma anche, come detto, potenziali rischi.
Il diritto alla privacy mentale ha lo scopo di colmare una lacuna nelle salvaguardie legali e tecniche esistenti che non fanno nulla per impedire a qualcuno di far leggere la propria mente senza consenso. Mentre i moderni brain scanner non possono strappare pensieri dalla testa di una persona, i miglioramenti tecnologici potrebbero rivelare informazioni sempre più precise sull’attività cerebrale delle persone.
Oggi non esistono regole certe su quali informazioni sul cervello possono essere raccolte dalle persone e con chi possono essere condivise. Ciò che alcuni scienziati temono è “la fuga indiscriminata di dati sul cervello”, come avviene ora con le informazioni personali che le persone condividono sui social media.
DNA
Un vecchio proverbio africano recita “È più facile deviare il corso di un fiume o spianare una montagna che cambiare l’animo di un uomo”. Quello che vi ho raccontato finora sulla possibilità di entrare nel cervello umano, sembra invece andare nella direzione opposta.
Con l’aggravante che se il cervello può essere il punto di ingresso di nuove tecnologie nella sfera intima dell’uomo, c’è un altro componente cardine della biologia umana che sta diventando sempre più accessibile. Il DNA.
Mentre anni fa, la sola idea di digitalizzare il nostro DNA sembrava nel migliore dei casi una teoria futuristica, ora è la nostra realtà. E questo apre a vaste implicazioni dal punto di vista della privacy. Per esempio, è giusto che un datore di lavoro chieda il tuo DNA di vedere se il tuo corredo genetico ti rende adatto ad un ruolo particolare? Dove tracciamo la linea di demarcazione su ciò che viene considerato un eccesso di condivisione dei nostri dati personali? E soprattutto, dove ci fermiamo e consideriamo non solo le implicazioni per la privacy ma anche quelle per la sicurezza?
Se noi, come consumatori, ci siamo indotti a regalare i dati sui nostri comportamenti, al punto da non prestare molta attenzione a dove vanno a finire e come vengono usati, quello del DNA è un argomento sul quale dobbiamo svegliarci ed essere vigili. L’alternativa potrebbe essere quella di pagare il prezzo ultimo del furto di identità.
L’utilizzo di dati e la presa di decisioni basata sull’analisi genetica, sembra essere un trend che emerge con grande forza.
In un primo momento, lo faremo per ridurre il rischio che i bambini concepiti attraverso il sesso abbiano qualche tipo di anomalia genetica dannosa.
EDITING GENICO
Ma una volta che iniziamo ad abituarci allo screening embrionale per ridurre i rischi per la salute, molti di noi vorranno fare selezioni che daranno ai nostri figli maggiori possibilità di vivere una vita lunga e sana. Ho già raccontato come in Cina, stia diventando prassi far condurre test genetici sulle presunte abilità dei nascituri.
Poi probabilmente useremo le tecnologie delle cellule staminali per aiutare le donne a generare migliaia di uova in più di quanto potrebbero da sole, ed aumentare il numero di embrioni che possono essere sequenziati, prima di prendere una decisione su quale impiantare.
Infine, utilizzeremo anche strumenti di editing genetico di precisione, più evoluti dell’attuale CRISPR, per apportare una serie di modifiche genetiche discrete a questi embrioni pre-impiantati, per eliminare i rischi o conferire benefici.
Uno scenario da uomo-Dio che al di là delle ovvie problematiche etiche, apre anche al rischio di manipolazioni indebite. Ma prima ancora di arrivare al tema della modifica degli embrioni, dobbiamo iniziare a preoccuparci almeno della circolazione dei dati sul nostro DNA.
Con la crescita dei test del DNA domiciliari, servizi online come GEDMatch, MyHeritage e FamilyTreeDNA sono diventati luoghi noti alle persone per caricare le loro informazioni genetiche, ricercare la loro genealogia e trovare i parenti perduti. Sono stati usati anche dalle forze dell’ordine per trovare sospetti criminali attraverso una corrispondenza del DNA con i parenti.
HACKING GENICO
Tutto lecito ed anche utile, ma recentemente il professor Graham Coop del Dipartimento di Evoluzione ed Ecologia della University of California ha avvertito che questi servizi “diretti al consumatore” potrebbero essere vulnerabili a una sorta di hacking genetico. Caricando sequenze di DNA selezionate, ha detto, può essere possibile, ad esempio, estrarre i genomi della maggior parte delle persone in un database o identificare persone con varianti genetiche associate a tratti specifici come il morbo di Alzheimer o altre malattie.
Insomma servirebbe una presa di coscienza urgente che qui non stiamo facendo giochini sulla personalità in Facebook o condividendo la nostra email per accedere ad una newsletter, bensì rischiamo di mettere a nudo una serie di caratteristiche personali tali, da non poter più recuperare un errore fatto.
Posso chiudere un account di mail, posso abbandonare Facebook e cancellare l’iscrizione, posso persino cambiare carta di credito, ma nulla posso fare una volta che un dato genetico è stato condiviso o è finito nelle mani sbagliate.
HACKING IN UN MINUTO
Nel suo libro “How to Hack a Human: Cybersecurity for the Mind”, l’autore Raef Meeuwisse fa notare come il tempo medio che passa tra la prima volta che un computer viene collegato ad internet ed il primo tentativo di hacking è appena un minuto. Se quel qualcosa che colleghiamo è un uomo, io sarei parecchio preoccupato, e quindi auspico che la legislazione prenda in considerazione i temi di mental privacy, protezione dei segnali elettrici generati dal nostro cervello e tutela del DNA, come argomenti prioritari di studio già da subito.
Nella prossima puntata, smetteremo per un attimo di parlare di uomo, e mi concentrerò sui supercomputer e sui computer quantistici. Come ho raccontato un paio di puntate fa, potenziare l’uomo può essere uno dei percorsi evolutivi futuri, con i suoi lati positivi ed anche i rischi di cui ho parlato oggi. Ma se serve una enorme capacità di calcolo per risolvere una serie di problemi complessi, questa non verrà dal cervello potenziato dell’uomo, bensì da computer evoluti. E quindi cosa succederà quando sia gli uomini che i computer avranno fatto il prossimo “salto generazionale”? Queste ed altre domande saranno il cuore della prossima puntata.
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