
ORGAN-ON-CHIP
ORGAN-ON-CHIP
A fine Dicembre 2022, il Presidente Biden ha firmato il FDA Modernization Act 2.0, che contiene, tra le altre, una norma interessante sui test sugli animali. Pur non vietandoli da un giorno all’altro, ora la legge consente ai produttori di farmaci di utilizzare altri metodi decisamente tecnologici. Per esempio i chip microfluidici e i modelli di tessuto in miniatura, che utilizzano cellule umane per imitare alcune funzioni e strutture degli organi.
Le motivazioni non sono solamente etiche verso gli animali, c’è molto altro. I sostenitori di questa norma, fanno riferimento a studi che hanno dimostrato come la sperimentazione animale sia un indicatore inaffidabile della tossicità nell’uomo. Inoltre, molti farmaci funzionano nei topi ma non sono efficaci nelle persone. Si stima che il 90% dei farmaci candidati alla sperimentazione clinica non raggiunga mai il mercato, e i farmaci che hanno come target il cervello hanno un tasso di fallimento ancora più alto. Queste incongruenze, unite al tempo, alle spese e ai problemi etici associati alle sofferenze causate agli animali, hanno portato gli scienziati a sviluppare metodi di sperimentazione alternativi che mirano a replicare meglio la fisiologia umana.
SOLUZIONI
Tra questi vi sono gli organi su chip, gadget polimerici trasparenti e flessibili delle dimensioni di una chiavetta usb che contengono diversi tipi di cellule umane e spingono un fluido attraverso minuscoli canali per simulare il flusso sanguigno. Il primo chip di successo contenente cellule umane viventi, un modello di polmone, è nato nel lontano 2010: era in grado di svolgere le funzioni di base del polmone, tra cui lo scambio di ossigeno e anidride carbonica. I ricercatori di altre università hanno poi creato chip che simulano il fegato, lo stomaco, l’intestino, il cervello, la pelle e altro ancora, utilizzandoli per testare gli effetti di farmaci e tossine ambientali.
Poi ci sono gli organoidi, minuscoli blocchi tridimensionali di tessuto coltivati in laboratorio. Ma anche i modelli informatici che utilizzano l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico addestrati sui dati umani potrebbero fornire alternative rapide ed economiche ai test sugli animali. Oggi solo un’apertura legislativa, domani un obbligo? Del resto se i dati sintetici aiutano l’apprendimento di una AI, perché un organo sintetico non può aiutare nei test?

PROPULSIONE
NUCLEARE
PROPULSIONE NUCLEARE
La NASA tornare a finanziare con piccolo grant uno studio sulla propulsione nucleare nello spazio. Si tratta di appena 12.500 dollari, a dimostrazione di quanto siamo ancora nelle fasi preliminari della riflessione, ma è un segnale. In compenso, lo scienziato dietro la proposta, sostiene che con la sua soluzione, una navicella spaziale con uomini a bordo arriverebbe su Marte in appena 45 giorni, contro i 6 / 9 mesi ipotizzabili con le tecnologie esistenti oggi.
Non è questione di fretta fine a se stessa. Si tratta di un aspetto di vitale importanza, poiché le lunghe missioni su Marte esporrebbero gli astronauti ad alti livelli di radiazioni che potrebbero rivelarsi letali. Non solo, gli effetti della microgravità sugli esseri umani per un periodo di tempo così lungo avrebbero anche implicazioni negative per la salute, il che significa che c’è un forte incentivo a ridurre i tempi delle future missioni su Marte.
COME FUNZIONA?
Come descrive meglio di me il magazine Interesting Engineering, si tratta di una combinazione di due tecnologie, la prima chiamata propulsione nucleare termica (NTP), la seconda propulsione nucleare elettrica (NEP). La prima utilizzerebbe un reattore nucleare per riscaldare il propellente a idrogeno liquido, in modo che venga convertito in plasma e incanalato attraverso un ugello per generare la spinta. La seconda utilizzerebbe il reattore nucleare per alimentare un motore ionico con l’elettricità.
La combinazione delle due soluzioni fornirebbe prestazioni più che doppie rispetto ai razzi chimici esistenti, ma grazie ad alcune altre ottimizzazioni descritte nel suo paper, si potrebbe arrivare anche a quattro volte tanto. Non sappiamo se questo motore definito “bimodale” vedrà mai la luce o cadrà nel dimenticatoio, come altre opzioni prima di lui, ma se la NASA torna sull’argomento è per tenere caldi potenziali sviluppi.

IDROPANNELLI
IDROPANNELLI
Un’azienda americana di nome Source, con sede in Arizona, ha lanciato dei pannelli high-tech che utilizzano il sole per estrarre l’umidità dall’aria, fornendo acqua potabile pulita. Una soluzione potenzialmente utile in molti luoghi e già in commercio in ben 50 paesi nel mondo.
La tecnologia è piuttosto semplice. Le ventole su ogni pannello aspirano l’aria dell’ambiente e la spingono attraverso un materiale che assorbe l’acqua, intrappolando il vapore dell’aria. Il vapore viene poi condensato in liquido utilizzando l’energia del sole, per poi essere raccolto in un serbatoio. L’acqua viene poi mineralizzata con magnesio e calcio per mantenere la qualità e ottenere un sapore migliore.
Sebbene condensare l’aria in acqua non sia un’idea nuova, l’energia utilizzata per farlo, proveniente interamente dal sole, rende questi pannelli più sostenibili rispetto ad altri metodi tradizionali.
PRO E CONTRO
Ogni pannello, del costo di 2.000 dollari, è in grado di produrre fino a 5 litri di acqua al giorno e può funzionare in modo completamente indipendente da altre infrastrutture esistenti, il che significa che gli idropannelli possono fornire acqua potabile praticamente ovunque.
Il sistema, che a mio avviso non ha un costo trascurabile, specialmente se applicato ad alcune regioni del mondo dove la cifra non è banale, ha comunque potenziali ricadute interessanti. Primo, andrebbe a mitigare la stima dell’Unicef che prevede che entro il 2050 il 50% della popolazione mondiale avrà problemi di accesso all’acqua potabile. Secondo, limiterebbe ovviamente la produzione di plastica, dato che l’acqua in bottiglia è spesso l’unica soluzione praticabile dove l’acqua manca.
Mi piacerebbe testarla in una città inquinata come la mia, Milano, ma anche in luoghi dove la mancanza di umidità naturale potrebbe influenzarne la resa. Ma al netto di questo, mi sembra uno spunto intrigante.
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