Lotta ai deep fake, robocalls, display sui tessuti, sangue artificiale, origami nanotecnologici

Lo spazio dei curiosi di futuro

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News dal futuro – lotta ai deep fake, basta robo-calls, display sui tessuti, sangue artificiale, origami nanotecnologici

In questa puntata:

  • Uno. Lotta ai deep fake. Nuovi caso sconcertanti di abuso dei deep fake, ma per fortuna anche nuove soluzioni per combatterli.
  • Due. Basta robo-calls. Dagli USA importanti sanzioni contro il telemarketing selvaggio. In Europa, oltre al GDPR, l’esempio da guardare è la Germania.
  • Tre. Display sui tessuti. La moda avanza e produce nuovi tessuti tecnologici in grado di fare da monitor direttamente sugli abiti che indossiamo.
  • Quattro. Sangue artificiale. Un magnate indiano finanzia una startup che intende produrre un surrogato biosintetico del sangue. Vi spiego perché.
  • Cinque. Origami nanotecnologici. Sembra un gioco da ragazzi ed invece è la nascita di nanomacchine complesse, che potrebbero avere sviluppi cruciali in campo medico e non solo.

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LOTTA AI DEEP FAKE

Ho spesso usato le “frequenze” di The Future Of, per mettere in guardia gli ascoltatori dal pericolo dei deep fake. Il concetto è semplice, non appena i deep fake usciranno dal campo della goliardia, ci troveremo in una situazione difficile, quella di non potersi più fidare delle parole pronunciate da personaggi, pubblici e privati, che ci raccontano qualcosa.

Questa settimana ci arriva dalla Pennsylvania una storia di deep fake che ha dell’incredibile. Gli articoli che ho letto, non svelano esattamente quale tecnologia abbia usato la protagonista di questa storia, quindi prendiamo con le pinze il fatto che si tratti di deep fake sofisticati, ma quello che è successo è allucinante.

La madre di una ragazzina di un gruppo di cheerleaders, ha alterato delle fotografie delle compagne di squadra delle figlia, per gettare discredito sulle stesse.

Il 4 marzo, la polizia ha arrestato una donna di 50 anni di Bucks County, per aver inviato agli allenatori della figlia adolescente, foto e video falsi che ritraevano le sue rivali nude, che bevevano o fumavano, per cercare di farle cacciare dalla squadra.

Grazie al cielo, la signora è stata anche così stupida da mandare dei messaggi minatori alle ragazze, e quindi è stato relativamente facile collegare l’autore delle minacce, all’autore dei video.

I video sono stati analizzati e gli investigatori sono stati in grado di determinare che erano “deepfakes”, immagini alterate digitalmente ma dall’aspetto realistico, create mappando le foto delle ragazze sui social media, e inserendole su altre immagini, in contesti sgraditi.

I genitori delle poverine hanno creduto alle loro figlie e sporto denuncia. Il caso si è risolto positivamente, ma questo episodio deve suonare come un campanello d’allarme, perché indica quanto stia diventando facile anche per le persone comuni, passare da un mero esercizio di stile tecnologico a reati contro la persona.

RIFLESSI NEGLI OCCHI

Se questo episodio è sconfortante, sempre questa settimana arriva però la notizia, che alcuni scienziati hanno sviluppato un modo intelligente per rilevare i deep fakes, analizzando i riflessi di luce negli occhi. Il sistema è stato creato da esperti informatici dell’Università di Buffalo. Nei test su foto in stile ritratto, lo strumento è stato efficace al 94% nel rilevare le immagini di falsi.

Il sistema scopre i falsi analizzando le cornee, che hanno una superficie a specchio che genera che genera riflessi, quando sono illuminate dalla luce.

In una foto di un volto reale scattata da una macchina fotografica, il riflesso sui due occhi sarà simile, perché stanno vedendo la stessa cosa. Ma le immagini deep fake, sintetizzate dagli algoritmi, come per esempio i GAN, in genere non riescono a catturare accuratamente questo aspetto. Al contrario, spesso mostrano incongruenze, come forme geometriche diverse o posizioni non corrispondenti dei riflessi.

Il sistema AI cerca queste discrepanze mappando un volto e analizzando la luce riflessa in ogni bulbo oculare. E genera un punteggio, che serve come metrica di somiglianza. Più basso è il punteggio, più è probabile che il volto sia un deep fake.

La soluzione è decisamente smart, ma per ora insufficiente. Il difetto più evidente dello strumento è che si basa su una fonte di luce riflessa in entrambi gli occhi. Inoltre, le incongruenze in questi modelli possono essere risolte con un po’ di post-elaborazione manuale, e se un occhio non è visibile nell’immagine, ovviamente il metodo non funziona.

Infine, se il volto nell’immagine non sta guardando la macchina fotografica, il sistema rischia di produrre dei falsi positivi.

Senza dubbio, comunque, è un passo avanti nella giusta direzione. Come in tutte le battaglie fra guardie e ladri non finisce qui.

BASTA ROBOCALLS

La Commissione Federale delle Comunicazioni americana, la FCC, ha comminato la più grande multa della storia, pari a 225 milioni di dollari, ad alcuni telemarketers texani, che hanno fatto, pensate, circa 1 miliardo di chiamate telefoniche, dove affermavano falsamente di vendere assicurazioni sanitarie di alcune grandi compagnie americane. Pazzesco.

Le robocall sono, tecnicamente, quelle chiamate dove un messaggio pre-registrato cerca di instradare l’utente lungo un menù, con la finalità di vendergli qualcosa. Le chiamate incriminate avevano un falso ID chiamante che faceva apparire che provenissero da una località vicina.

Se gli ignari utenti digitavano 3 per parlare con un’operatore, il consumatore veniva trasferito ad un call center, non affiliato con nessuno di questi assicuratori.

Le società sanzionate dalla FCC riuscivano a far partire alcuni milioni di telefonate ogni giorno, immaginate che giro di affari dovevano essere in grado di creare.

Le chiamate indesiderate ovviamente, non sono solo un fastidio, ma rappresentano anche un serio rischio per i consumatori, che possono inavvertitamente condividere informazioni sensibili e personali, in risposta agli schemi malevoli degli autori.

Negli USA l’autorità si è attivata seriamente. Oltre alle multe, sono state inviate delle lettere che intimano ad alcuni operatori di terminare immediatamente le loro pratiche, oppure ulteriori provvedimenti verranno presi. E’ stato inoltre costituito un nuovo Robocall Response Team, un gruppo di ben 51 membri dello staff della FCC, che coordinerà gli sforzi anti-robocall.

UNA CLASSIFICA POCO AMBITA

Il problema sollevato negli USA, però, rappresenta solo la punta dell’iceberg di una piaga che ha numeri davvero impressionanti in tutto il mondo. Secondo il primo Global Robocall Radar Report di Hiya, che ha analizzato il fenomeno per la prima volta nel 2018, le chiamate spam globali sono cresciute del 325% rispetto all’anno precedente, raggiungendo la ragguardevole stima di 85 miliardi di call annue. Per la cronaca Hiya, è una società che fa applicazioni per respingere le chiamate indesiderate, ed anche se è palesemente interessata a descrivere il fenomeno come una “sorta di pandemia”, la sua voce ha una certa reputazione. Se usate uno smartphone Samsung recente, dopo l’S7 per intenderci, il sistema che blocca le chiamate indesiderate e vi avvisa del possibile spam, è fatto proprio da questa società.

Nel 2018, i Paesi più colpiti al mondo erano nell’ordine UK, Spagna, Italia e Francia. Ancora una volta sul podio di una classifica ben poco ambita, ma tant’è. E se pensate che con l’attuale pandemia di coronavirus il problema si sia sopito, purtroppo è esattamente il contrario.

Questi operatori stanno modificando i loro schemi di approccio al consumatore, puntando proprio sulla paura diffusa in questo periodo. Quello che riporto sotto è un esempio che proviene dal magazine Business Insider, che ha investigato il tema, e la dice lunga sulla sottigliezza di questi metodi:

Ciao sono Brett PJ con un messaggio importante per quanto riguarda gli effetti dell’epidemia del coronavirus sui vostri prestiti studenteschi… le nuove misure influenzeranno gli interessi sui vostri prestiti federali agli studenti fino a nuovo avviso… Per ulteriori informazioni su come queste nuove misure avranno un impatto sui vostri futuri obblighi di pagamento, richiamaci oggi stesso al numero di telefono tal dei tali.

Scorretto, terribile e gravissimo.

E IN EUROPA?

Cosa succede invece da noi in Europa? Ovviamente il GDPR, ha posto un freno al fenomeno, gli stessi operatori di telefonia si sono attrezzati per monitorare e bloccare il maggior numero di casi, ed il nostro Senato ha approvato un ampliamento delle protezioni, potenziando il registro delle opposizioni, per esempio. Ma non c’è ancora una soluzione definitiva che accontenti tutti. Per cercarne una che, in combinazione con il GDPR, rappresenta un approccio, a mio modesto avviso, completo e replicabile, bisogna guardare alla Germania.

In Germania, per esempio le chiamate telefoniche di marketing non richieste a persone private sono illegali, a meno che chi chiama non abbia il loro esplicito consenso. Poiché è permesso chiamare persone private solo con il loro esplicito consenso, non c’è nemmeno una lista “no call” in Germania. Lato B2B, la legislazione è un po’ meno restrittiva, però le chiamate sono ammesse a condizione che il telemarketer disponga del consenso del chiamato, tra i due esista una relazione contrattuale e si possa ragionevolmente supporre che il chiamato sia interessato all’argomento della chiamata. Insomma, niente male, bravi i tedeschi!

DISPLAY SUI TESSUTI

Nel 2030 quando camminerò per una città sconosciuta, ed avrò bisogno delle mappe con le indicazioni stradali, non mi servirà più lo smartphone. E non dovrò nemmeno indossare le cuffiette nelle orecchie, che mi dicono dove andare. Basterà guardare la manica della mia giacca.

Un gruppo di ricercatori ha realizzato un display interattivo indossabile, fatto di un tessuto elettronico flessibile e traspirante, che può visualizzare semplici mappe e messaggi di testo, potenzialmente per l’uso dentro l’abbigliamento intelligente.

Un problema con lo sviluppo di tali dispositivi indossabili è che i display video sono tipicamente rigidi e ingombranti. In questo caso non dovete pensare ad uno schermo esterno appiccicato al tessuto o cucito, bensì ad un concetto completamente rivoluzionario.

FIBRE TRASPARENTI

Alcuni scienziati cinesi hanno letteralmente tessuto un display nelle fibre. Per realizzare il nuovo tessuto, gli scienziati dei polimeri della Fudan University di Shanghai, sono stati in grado di tessere fibre trasparenti elettricamente conduttive e fili luminescenti, insieme al filo di cotone, ottenendo un nuovo composito flessibile e traspirante. Il tessuto contiene circa mezzo milione di pixel, uno per ogni punto in cui i fili di trama elettricamente conduttivi, incontrano le fibre di ordito luminescenti, distanziati di circa 800 micron. Per dare un’idea, un capello umano medio è largo circa 100 micron.

Ma non finisce qui. Il tessuto è luminoso quanto un televisore medio a schermo piatto, e quindi ben visibile anche all’aperto. Inoltre, i ricercatori hanno notato che il loro prototipo era anche significativamente più durevole dei convenzionali display flessibili a film sottile, rendendolo più adatto all’uso pratico. La performance della maggior parte dei display usati nel test, è rimasta stabile dopo 1.000 cicli di piegatura, allungamento e pressatura, e 100 cicli di lavaggio e asciugatura. Niente male, insomma, a quanto pare è piuttosto resistente.

E da lì in poi, la fantasia si è sbizzarrita. I ricercatori hanno incorporato una tastiera di tessuto sensibile al tocco, dotata di 16 tasti, fili per la raccolta di energia solare e fibre di batteria nel loro tessuto per aggiungere l’interattività ed ovviamente l’alimentazione energetica. Hanno anche aggiunto l’elettronica, per collegarlo senza fili ad uno smartphone, tramite una connessione Bluetooth, in modo che gli utenti potessero inviare e ricevere messaggi sulle loro maniche, così come vedere le loro posizioni in tempo reale su una mappa.

ANDARE OLTRE

Non soddisfatti di questi risultati, che sono comunque già piuttosto interessanti da soli, si sono anche spinti oltre. Un altro uso potenziale è quello dell’assistenza sanitaria. Incluso nei prototipi, hanno inserito un display tessile di circa 22 X 6 centimetri, che è servito a monitorare alcuni volontari, che indossavano cuffie che leggono le onde cerebrali. Quando gli headset hanno rilevato le onde cerebrali a bassa frequenza dei partecipanti durante un esercizio di meditazione, i dispositivi hanno trasmesso i dati a un computer collegato al tessuto, in modo da visualizzare la parola “rilassato”. Quando gli auricolari hanno rilevato onde cerebrali ad alta frequenza da volontari che giocavano a un gioco di auto da corsa, il tessuto ha visualizzato la parola “ansioso”.

Ora, in questo caso, il display nelle fibre è solo un terminale, però l’idea di “dare voce” a persone che non possono farlo è interessante. Alcune persone sono mute, altre hanno qualche tipo di malattia per la quale, comunicare usando semplicemente qualcosa che si indossa, potrebbe non essere trascurabile. Potremmo non avere a disposizione uno smartphone o un computer, ma probabilmente avremo sempre almeno qualcosa indosso.

In altri casi potrebbe anche raccogliere informazioni dalle masse: se oggi per fare una sentiment analysis, guardiamo ai tweet di un certo periodo o di una certa area geografica, domani potremmo misurare l’umore di una piazza fisica o delle persone ad un concerto, semplicemente grazie ad una maglietta ed un cappellino da basket.

L’ultimo problema che serve risolvere, per passare alla produzione e commercializzazione di questi tessuti, è però il voltaggio. La tensione usata è ancora troppo alta e potrebbe essere dannosa, quindi anche se ci è piaciuto esplorare il futuro e sognare per un attimo, i giochi non sono ancora fatti.

SANGUE ARTIFICIALE

Questa settimana ho letto un’intervista a Tej Kohli, magnate indiano, che ha fatto un certo scalpore, per un’affermazione forte, nella quale ha sostenuto che i suoi figli saranno in grado di vivere oltre 120 anni.

I progressi in campo medico, la realizzazione di nanobot in grado di muoversi nel sangue, la riprogrammazione del DNA e l’intelligenza artificiale applicata in campo medico, sono gli ingredienti della sua ricetta di allungamento della vita.

Il protagonista di questa storia però, non è solo un visionario, è anche un milionario che sta investendo il suo patrimonio nella realizzazione del suo sogno. Tra le società che ha finanziato, con la bellezza di 100 milioni di dollari, c’è anche Detraxi, startup che si propone di realizzare sangue artificiale. Un argomento straordinariamente complesso ed affascinante, che affonda le sue radici in un passato lontano, ma vuole risolvere problemi attualissimi.

LA DOMANDA DI SANGUE

Basti pensare che per la prima volta in Cina, per esempio, la domanda di sangue ha superato l’offerta proveniente dai tantissimi donatori, di un Paese che è immenso, ma evidentemente insufficiente allo scopo. La gestione delle scorte di sangue è un processo difficile. Il sangue refrigerato rimane vitale solo per 35-42 giorni. Ed ovviamente anche il mercato potenziale è enorme, perché comunque stiamo parlando di business.

Detraxi spera di salvare milioni di vite in tutto il mondo sviluppando la sua soluzione biotecnologica proprietaria, per una serie di sfide sanitarie globali. La Società sta lavorando in collaborazione con alcuni degli scienziati più talentuosi e rispettati, in campi quali la sostituzione dei fluidi, la diagnostica, il trapianto e la medicina rigenerativa. Gli emoderivati da soli sono un mercato da 4 miliardi di dollari, nella sola Cina, ma secondo altre stime, il mercato del sangue artificiale potrebbe valere 15,6 miliardi di dollari entro il 2027, se le aziende potessero sviluppare prodotti che fanno tutto, dal trasporto dell’ossigeno alla somministrazione di farmaci, al miglioramento della guarigione.

Ma cos’è esattamente ed a cosa serve il sangue artificiale? Un sostituto del sangue, chiamato anche sangue artificiale o surrogato del sangue, è una sostanza usata per imitare e soddisfare alcune funzioni del sangue biologico. Mira a fornire un’alternativa alla trasfusione di sangue, che è il trasferimento di sangue o di prodotti a base di sangue da una persona ad un’altra. Finora, non ci sono sostituti del sangue “perfetti” che trasportino l’ossigeno, che è l’obiettivo tipico di una trasfusione di globuli rossi.

Nel passato gli sforzi si sono concentrati su molecole che possono trasportare l’ossigeno, e la maggior parte del lavoro si è focalizzato sull’emoglobina ricombinante, che normalmente trasporta l’ossigeno, e sui perfluorocarburi, composti chimici che possono trasportare e rilasciare ossigeno.

UNA STORIA DI FALLIMENTI

E sapete come è andata a finire? Il primo sostituto del sangue che trasporta ossigeno è stato un prodotto a base di perfluorocarburi prodotto da un’azienda giapponese negli anni ‘80. Fu approvato dalla Food and Drug Administration americana nel 1989, ed a causa del successo limitato, della complessità d’uso e degli effetti collaterali, fu ritirato nel 1994.

C’è quindi un gap da colmare e la Detraxi ci sta lavorando. Ed è un obiettivo difficilissimo. Il sangue umano è un cocktail incredibilmente complesso di proteine, sale, piastrine, globuli rossi e bianchi, perfettamente progettato per fornire ossigeno e nutrienti in tutto il corpo con precisione ed efficienza. Quindi, qualsiasi fluido che cerchi di imitarlo, dovrebbe avere almeno le seguenti tre caratteristiche.

Prima di tutto, deve essere sicuro da usare e compatibile con il corpo umano. Questo significa che i diversi tipi di sangue non dovrebbero avere importanza, quando si usa il sangue artificiale. Significa anche che il fluido deve poter essere utilizzato per rimuovere tutti gli agenti che causano malattie come virus e microrganismi.

Come secondo prerequisito, deve essere in grado di trasportare l’ossigeno in tutto il corpo e rilasciarlo dove è necessario. Questo è il compito principale del sangue umano, ed almeno sappiamo che è anche la caratteristica, che si è dimostrata più imitabile.

In terzo luogo, deve essere conservabile. Una delle caratteristiche più indesiderabili del sangue è che può essere conservato solo per un periodo di tempo relativamente breve.

SIAMO SOLO AI PRE-TRIAL

Per ora siamo ai pre-trial e quindi ancora relativamente lontani dall’avere un prodotto finale adatto allo scopo, ma certo è una sfida che ha senso affrontare. E pensare che dopo la scoperta del sistema circolatorio sanguigno da parte di William Harvey nel lontano 1616, le trasfusioni vennero presto bannate dalla scienza dell’epoca. A parte il fatto che non erano stati ancora scoperti i gruppi sanguigni, la verità è che sperimentatori seri, ma anche ciarlatani, si misero a fare trasfusioni con sangue di capra, latte, urina, resine di piante e chi più ne ha più ne metta. Mandando all’altro mondo, ovviamente, migliaia di innocenti e spegnendo l’attenzione sull’argomento per oltre 150 anni.

Tra tutti merita una menzione speciale tale Sir Christopher Wren, che propose di usare come sostituti del sangue, vino ed oppio. Per fortuna oggi disponiamo di tecnologie più moderne, anche se il detto “buon vino, fa buon sangue” continua a piacermi profondamente.

ORIGAMI NANOTECNOLOGICI

I ricercatori della Cornell University hanno creato degli attuatori a memoria di forma, delle dimensioni di alcuni micron, che permettono ai materiali bidimensionali atomicamente sottili di piegarsi in configurazioni 3D. Tutto ciò che richiedono è una piccola scossa di tensione. E una volta che il materiale è piegato, mantiene la sua forma, anche dopo che la tensione viene rimossa.

Come dimostrazione, il team ha creato quello che è potenzialmente il più piccolo uccellino origami auto-pieghevole del mondo. E non è uno scherzo.

Il fisico Paul McEuen, che ha preso parte al progetto, ha dichiarato: “La caratteristica distintiva di noi umani, è che abbiamo imparato a costruire sistemi complessi e macchine su scala umana, e anche su scale enormi, ma quello che non abbiamo imparato a fare è costruire macchine su scala ridotta. E questo è un passo in quella evoluzione di base, fondamentale in ciò che gli umani possono fare, di imparare a costruire macchine che sono piccole come cellule“.

NANOBOT CON IL CERVELLO

Perché questo è l’obiettivo. I ricercatori vogliono creare le condizioni per avere robot microscopici, ma con un cervello a bordo. Immaginate milioni di robot microscopici, fabbricati ad-hoc, che si staccano da un wafer, che si piegano e cambiano forma, strisciano liberi e si dedicano ai loro compiti, anche ri-assemblandosi in strutture più complicate. Questa è la visione. Che poi debbano operare nel sangue o in ambienti non raggiungibili dall’uomo con le attuali strumentazioni, è solo un esercizio di fantasia che ci potrebbe portare lontano, ma forse è un po’ presto per lasciarsi andare all’immaginazione.

I robot testati hanno degli attuatori che possono piegarsi con un raggio di curvatura più piccolo di un micron, la migliore performance mai ottenuta finora. Questa flessibilità è importante, perché uno dei principi fondamentali della produzione di robot microscopici, è che la dimensione del robot è determinata da quanto piccole possono essere le varie appendici da piegare. 

Più strette sono le curve, più piccole sono le pieghe, e più piccolo è l’ingombro di ogni macchina. È anche importante che queste pieghe possano essere mantenute dal robot, il che minimizza il consumo di energia, una caratteristica particolarmente vantaggiosa per i robot e le macchine microscopiche.

PLATINO E TITANIO

I dispositivi consistono in uno strato nanometrico di platino, ricoperto da una pellicola di titanio o di biossido di titanio. Diversi pannelli rigidi di vetro di biossido di silicio, risiedono su tali strati. Quando una tensione positiva viene applicata agli attuatori, gli atomi di ossigeno vengono spinti nel platino e si scambiano di posto con gli atomi di platino. Questo processo, chiamato ossidazione, fa sì che il platino si espanda su un lato, nelle giunture tra i pannelli di vetro inerte, il che piega la struttura nella forma prestabilita. E lo fa in appena 100 millisecondi, potendo creare forme che dipendono solo dalla geometria desiderata e da dove viene applicata la tensione.

Insomma, un puzzle dinamico, ma di dimensioni atomiche. Eh si, perché i robot creati alla Cornell, hanno strati di materiale composti da appena 30 atomi. Per darvi un’idea della scala, basti pensare che un semplice foglio di carta avrebbe uno “spessore” di ben 100.000 atomi.

Cosa ce ne faremo in pratica? Queste innovazioni potrebbero, un giorno non troppo lontano, portare a robot medici, in grado di pulire le infezioni batteriche dai tessuti umani. Così tanto per indicare una delle prime possibili applicazioni pensate dagli scienziati. Intanto l’importante è imparare come costruire le geometrie desiderate ed ampliare la conoscenza sulla costruzione di macchine atomiche, poi per le applicazioni industriali, ci sarà tempo.

SALUTI

Grazie per aver ascoltato The Future Of, davvero! Avresti potuto ascoltare la radio, avresti potuto far girare un vinile, avresti potuto mettere su una cassetta, avresti potuto usare uno stereotto, ehm, a sapere cosa fosse, e invece hai preferito The Future Of. E’ per questo che ti ringrazio, ed hai ancora centinaia di puntate da scoprire.
La frase della settimana. Thomas Alva Edison ha detto “Il medico del futuro non darà medicine, ma coinvolgerà il paziente nell’uso corretto del cibo, dell’aria fresca e dell’esercizio.” Una frase sacrosanta, ma ironica, pensando che proprio una semplice tensione tanto cara ad Edison, sarà il motore dei nanobot microscopici che vi ho appena raccontato.


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