Robot nei campi, catturare la CO2, sensori anti-covid, il futuro delle posate, startup Lawmatics

Lo spazio dei curiosi di futuro

Robot nei campi CO2 sensori anti-covid Lawmatics

News dal futuro – robot nei campi, catturare la CO2, sensori anti-covid, il futuro delle posate, la startup Lawmatics

Questa settimana il futuro arriva sotto forma di:

  • news della settimana: leggi sullo smart-working, immagini in grado di ingannare la auto autonome, abusi sui dati di tracing della pandemia in UK, nascita e morte dell’app Tuber in Cina
  • segnali di futuro: robot per l’agricoltura, rinnovato interesse sulle tecnologie per la cattura della CO2, sensori anti-covid in grafene a basso prezzo
  • oggetti quotidiani: la posate diventano smart ed edibili
  • la startup della settimana: Lawmatics, CRM per la gestione delle relazioni con i Clienti per studi Legali

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INTRO

Benvenuti o bentornati a The Future Of: questo è lo spazio dei curiosi di futuro. 

Io sono Andrea Ferrante e vi racconto le tecnologie, i colpi di genio e le discontinuità che potrebbero diventare grandi e plasmare il modo in cui vivremo domani.

In questa puntata nelle news della settimana spazio a storie che riguardano il futuro dello smart-working, i fotogrammi fantasma che possono ingannare le auto autonome, uno scandaloso abuso delle informazioni provenienti dal contact tracing anti-covid ed una app cinese nata e morta nel giro di appena quattro giorni.

Per quanto riguarda i segnali di futuro vi racconto di nuovi robot in campo agricolo, delle tecnologie per catturare la CO2 e di un sensore in grado di rilevare il covid in 10 minuti e che costa appena 5 centesimi.

La rubrica “Il futuro degli oggetti quotidiani” questa settimana è letteralmente gustosa, parliamo di posate, smart ed edibili.

Per la startup della settimana invece sconfiniamo in ambito legale per raccontare cosa ha fatto e dove si è focalizzate l’interessante Lawmatics.

Se siete curiosi ed affamati di futuro, allacciate le cinture, reggetevi forte, pronti partenza, via.

NEWS DELLA SETTIMANA

SMART WORKING

La prima notizia della settimana riguarda il tanto dibattuto tema dello smart-working ed arriva dalla Germania che prende nota del trend, delle esigenze delle persone e dei comportamenti di alcune grandi imprese. Il tutto per predisporre una nuove legge che rende più chiari i contorni legali ed operativi del nuovo modo di lavorare.

Di quali evidenze parlo? Google, Salesforce e Facebook sono tra le aziende che hanno detto che i dipendenti possono lavorare da casa almeno fino alla prossima estate. Microsoft e Twitter hanno detto addirittura che alcuni dipendenti potranno farlo per sempre. E negli Stati Uniti, il 69% delle aziende di servizi finanziari intervistate da PwC ha dichiarato di aspettarsi che quasi due terzi della loro forza lavoro lavorerà da casa una volta alla settimana in futuro. Prima della pandemia, questa cifra era del 29%.

Nonostante le preoccupazioni di alcune aziende per l’impatto sul lavoro di squadra e sulla produttività, lo smart-working potrebbe ripagare abbondantemente in termini di risparmio sui costi: la ricerca ha rilevato che un tipico datore di lavoro potrebbe risparmiare circa 11.000 dollari all’anno per ogni persona che lavora in remoto la metà del tempo.

Siamo curiosi di vedere cosa dirà la nuove legge tedesca attesa nelle prossime settimane, perché potrebbe fare da apripista e modello per tanti altri Paesi.

AUTO AUTONOME

La seconda notizia della settimana arriva dai ricercatori dell’università israeliana Ben Gurion che hanno trascorso gli ultimi due anni a sperimentare l’uso di immagini “fantasma” per ingannare i sistemi di guida semi-autonomi delle auto elettriche. Prima hanno rivelato di poter usare delle proiezioni di luce per ingannare con successo i sistemi di assistenza alla guida di Tesla per far fermare automaticamente l’auto mostrando alla sua telecamera immagini di segnali stradali o pedoni falsificati.

Poi hanno scoperto di poter eseguire lo stesso trucco con pochi fotogrammi inseriti nei cartelloni stradali elettronici, quelli che danno informazioni sul traffico o anche su quelli tipicamente pubblicitari. E avvertono che se gli hacker “attaccassero” un cartellone collegato a internet, scenario già reale e sempre più probabile in futuro con l’IoT, questo potrebbe essere usato per causare ingorghi o persino incidenti stradali, lasciando dietro di sé poche prove visibili. Ora studiare questi fenomeni è importante, ma veramente questi ricercatori hanno speso due anni, dico due anni, a ricercare questo tema?

CONTACT TRACING

La terza notizia arriva dal Regno Unito. Ho pensato a lungo se raccontarla, perché parla di un abuso sui dati generati dal contact tracing e quindi potrebbe suonare come deterrente ad usare app che in questo momento sono importanti. Quindi ve lo ricordo prima di raccontare l’episodio, questo caso non toglie nulla all’utilità dello strumento.

I dati di tracciabilità dei contatti richiesti dallo schema Test and Trace dell’NHS sono stati raccolti dalle aziende tecnologiche per conto delle strutture ricettive da quando hanno riaperto i battenti a giugno, secondo il Times.

Sebbene il governo abbia imposto che le informazioni possano essere conservate solo per 21 giorni e non debbano essere utilizzate, ovviamente, “per nessun altro scopo che non sia il Test and Trace dell’NHS”, secondo quanto riferito, alcune aziende le stanno conservando e vendendo!

Pare che alcune società di raccolta dati abbiano creato delle politiche sulla privacy che consentono di conservare i dati degli utenti fino a 25 anni e di condividerli con terzi.

Il tutto nasce dall’uso dei cosiddetti QR code “quick response”, ampiamente adottati dall’industria dell’ospitalità, del tempo libero, della bellezza e molti altri come alternativa ai registri dei visitatori cartacei, QR code che hanno permesso alle aziende di accedere a nomi, indirizzi, numeri di telefono e dettagli delle e-mail.

Le autorità indagheranno oltre, ma da quanto trapela sui giornali britannici, questo comportamento è veramente scandaloso. Speriamo rimanga un caso isolato.

TUBER

L’ultima news arriva dalla Cina, ma non ha un lieto fine. Il 9 Ottobre è stata lanciata un’app di nome Tuber che consentiva agli utenti di accedere a Youtube, Facebook, Twitter, Instagram e Google, tutti quei servizi delle big tech americane che nel Paese del dragone erano proibiti. Nonostante ci fosse l’obbligo di registrazione nominativo con il codice della carta d’identità, fossero stati inseriti filtri sullo share di contenuti potenzialmente dannosi per la politica cinese e la piattaforma si fosse arrogata il diritto di sospendere utilizzatori troppo “aggressivi”, l’apertura aveva ricevuto un plauso unanime. Del resto il passo in avanti libertario rispetto all’accesso a contenuti “occidentali” via VPN, spesso fatto di nascosto, sembrava abbastanza evidente.

Ebbene, è durata 4 giorni e poi è stata rimossa dagli store. Non ci è dato sapere se la motivazione sia legata a pressioni di Stato, problemi tecnici, rivolta dei concorrenti cinesi che si vedevano sottrarre traffico o altro, ma di fatto questo lampo di apertura al confronto con il mondo fuori dai confini del famoso Great Wall Firewall si è spento. In ogni caso, all in all it’s just another brick in the wall.

SEGNALI DI FUTURO

PRIMO SEGNALE DI FUTURO: ROBOT NEI CAMPI

Google ha presentato una famiglia di robot agricoli, in grado di andare su e giù per i campi, senza danneggiare le colture, capaci di contare le piante, registrarne l’altezza, la superficie del fogliame, verificare la maturazione dei frutti e raccogliere dati su umidità, stato del terreno e molti altri parametri.

Ma non finisce qui, perché il robot in se è solo un generatore di dati. Dati che sono stati inseriti in un sistema di machine learning per cercare di individuare modelli e intuizioni utili agli agricoltori.

Negli ultimi anni, il robot “buggy” è stato testato sui campi di fragole in California e di soia in Illinois, ed ha raccolto immagini di alta qualità di ogni pianta, contato e classificato ogni bacca e ogni fagiolo. Insomma ha completato il suo processo di training e, anche se Google non ha comunicato date precise, sembra pronto per il mercato.

L’obiettivo in realtà è ancora più ambizioso: collegare i fattori ambientali e quelli genetici che spiegano la crescita della piante, per ottimizzarla. Secondo Google, anche miglioramenti di pochi punti percentuali nella gestione dei raccolti, può produrre benefici più che proporzionali per gli agricoltori e quindi i robot sono un sistema per liberare valore.

Se poi ci si richiama a necessità di alto livello e cruciali come aumentare la disponibilità di cibo e sfamare il mondo, il quadro sembra perfetto.

RISCHI

Eppure qualche detrattore ha sollevato il problema che l’automazione nei campi potrebbe portare a casi di hacking e di danneggiamento o alterazione delle colture. Francamente percepisco poco questo rischio, considerato che i robot sembrano adibiti solo alla raccolta di dati, anche se, ad onor del vero, nulla esclude che domani possano avere un ruolo più attivo nell’uso della chimica o della consegna dei nutrienti al terreno.

La mia obiezione, semmai, riguarda più l’aspetto economico. Oggi esistono già combinazioni di analisi chimiche, IoT di campo (quindi semplici sensori da pochi euro ciascuno) ed immagini satellitari che possono svolgere in modo affidabile lo stesso compito dei robot di Google. Magari non in maniera chirurgica come questi robot scanner, ma in modo più che soddisfacente per un agricoltore. E senza andare dall’altra parte dell’oceano, nel bel Paese vi invito ad andare a vedere cosa fa una meravigliosa startup italiana che si chiama Trace Technologies. 

SECONDO SEGNALE DI FUTURO: CATTURARE LA CO2

La cattura della CO2 è un’idea controversa, che in passato è stata bollata come una costosa distrazione rispetto al tema chiave: fermare le emissioni.

Ma il mese scorso, l’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE) ha detto che è una parte imperativa del mix, avvertendo che sarà “virtualmente impossibile” per il mondo centrare gli obiettivi climatici senza affiancare alla riduzione delle emissioni lo sforzo di catturare e immagazzinare le emissioni generate da fabbriche, centrali elettriche, trasporti e altre fonti. Il passaggio alle energie rinnovabili, come il solare e l’eolico, non ridurrebbe le emissioni in tempo, secondo l’agenzia.

Ecco allora che le iniziative di alcuni gradi big avviate nel recente passato, ora suonano come più lungimiranti. Amazon e Microsoft, per esempio, hanno investito nel consorzio CarbonCure Technologies. CarbonCure lavora con quasi 300 produttori di calcestruzzo nel nord America, per iniettare CO2 catturata nel loro prodotto. Il gas iniettato si trasforma chimicamente in calcare, rinforzando il calcestruzzo. Amazon farà anche di più, utilizzerà quel calcestruzzo nei suoi edifici, compresa la vasta nuova sede centrale in Virginia.

Microsoft ha annunciato un piano climatico trasformativo che prevede la cattura diretta nell’aria della CO2 e la cattura e lo stoccaggio dell’energia da biomassa, dove i trucioli di legno vengono bruciati e il carbonio che ne risulta viene iniettato nelle formazioni rocciose.

NON SOLO I BIG

Il caso di un produttore di alberi tecnologici capaci di raccogliere la CO2 dall’aria ve l’ho raccontato in una delle vecchie puntate di The Future Of, ma gli esperimenti si moltiplicano e sia i governi che gli investitori hanno cominciato a riversare risorse economiche importanti su questo nascente settore.

Insomma il concetto è prendere la CO2 dall’aria, quindi alla fonte, oppure dai processi produttivi che la causano e poi mischiarla ad altre sostanze dove rimane intrappolata ed ovviamente non è dannosa.

Per la cronaca, agli ambientalisti questa cosa non piace e viene spesso vista solo come un tentativo dei produttori industriali di scampare alle loro responsabilità di fondo, cercando una più comoda alternativa tecnologica. Ma ragionandoci bene, il concetto di mix di approcci raccomandato dall’Agenzia Internazionale per l’Energia a me non sembra per nulla sbagliato.

TERZO SEGNALE DI FUTURO: SENSORI ANTI-COVID

Come sapete, ho scelto di dare al tema coronavirus uno spazio limitato su The Future Of, per evitare di aggiungere l’ennesima voce di un non esperto alla marea di notizie approssimative che già ci bombardano ogni giorno. Però la notizia del sensore RapidPlex sviluppato alla Caltech che rileva il covid in 10 minuti e con un dispositivo che costa appena 5 centesimi, meritava di essere raccontata.

Per creare il sensore, il laboratorio inizia con un foglio di plastica. Utilizzando un laser, gli scienziati possono effettivamente trasformare la plastica in un modello inciso di grafene, il materiale meraviglioso formato da atomi di carbonio disposti in un singolo atomo di spessore.

Quando il sangue o la saliva entrano in contatto con il sensore del grafene, i minuscoli pori della superficie immobilizzano il virus, insieme agli antigeni e agli anticorpi che potrebbero essere associati ad esso.

Da lì in poi basta usare una goccia di una soluzione speciale un minuto dopo aver sputato sul tester, pulirla via, e poi aggiungere un’altra goccia di una seconda soluzione chimica un minuto dopo. In questi lassi di tempo, i biomarker dei virus si legano al grafene stesso, permettendo di rilevarli elettronicamente. Il sensore può vedere non solo se si ha un’infezione COVID-19 attiva, ma anche se si è portatori di immunità da un’infezione passata.

Ora il sensore andrà in approvazione ai relativi enti governativi e poi potrà iniziare la commercializzazione. Questo solo per dire che avere fede nella scienza non è mai una speranza mal riposta.

OGGETTI QUOTIDIANI: IL FUTURO DELLE POSATE

Eccoci ancora a parlare del futuro tecnologico degli oggetti quotidiani. E allora quale oggetto è più usato di forchette, coltelli e cucchiai che ogni giorni arredano la nostra tavola e ci consentono di mangiare prelibatezze varie o anche solo la schiscietta in ufficio.

Un’azienda francese ha lanciato la prima forchetta intelligente al mondo. Di fatto, il dispositivo, evvabbè chiamiamolo dispositivo, è dotato di un sensore che rileva il movimento fatto quando si prende il cibo, lo si mette in bocca e poi si rimette la forchetta nel piatto.

Se scopre che avete eseguito l’azione troppo velocemente, vi ronza in mano, vibra, per dirvi di rallentare. Dopo i pasti carica anche i dati su un’app per smartphone per aiutarvi a tenere traccia delle vostre abitudini alimentari. Il suo inventore dice che l’idea gli è venuta dopo che sua moglie si è lamentata del fatto che le ha fatto fuori la dispensa e divorato i pasti con fare pantagruelico.

Ora la cosa suonerà anche come spiritosa, ma il tema del combattere le cattive abitudini alimentari partendo anche da queste piccole cose sembra davvero rilevante.

Se invece volete ridere per davvero sentite questa. Un’azienda alimentare giapponese ha sviluppato una forchetta antirumore per cancellare il suono dello “slurp” socialmente imbarazzante, prodotto quando si mangiano i famosi noodles.

Con il piacere dei noodles arriva l’inevitabile effetto collaterale del temuto “slurp”, che gli amici giapponesi considerano “il flagello della società educata” e, più grande è l’entusiasmo, più il rumore è invadente. Considerato quanta pasta mangiamo noi italiani, mi chiedo se potrebbe essere utile anche da noi.

CULITECH

Ed ovviamente non è tutto, passiamo alle cose serie. Progettate dalle sedicenni Madeleine Liu e Angela Wang, le posate Culitech utilizzano una tecnologia chiamata “spettroscopia nel vicino infrarosso” per analizzare la composizione molecolare degli alimenti. Le posate compatte sono disponibili in forma di forchetta, cucchiaio o bacchetta, e ogni utensile è dotato di un mini-spettrometro rimovibile. Lo spettrometro utilizza onde infrarosse per esaminare la composizione del cibo: poiché diversi tipi di molecole alimentari vibrano in modi diversi, ognuna di esse crea una “firma ottica” unica, che le posate possono riconoscere e utilizzare per identificare ciò che è contenuto nel pasto e darvi gli alert del caso. Se allora la forchetta che batte i tempi vi ha fatto sorridere, forse questa vi farà riflettere, del resto se siete allergici o particolarmente attenti al mangiare sano, questa innovazione sembra particolarmente promettente.

GYENNO

Ma ancora più ammirevole è Gyenno, un dispositivo che può essere attrezzato come forchetta o cucchiaio, che è dotato di uno stabilizzatore che cerca di compensare i tremori delle mani dei malati di Parkinson. E se come me avete un parente che soffre di questa terribile e maledetta malattia, avrete capito subito quanto può essere importante un oggetto del genere, che tra parentesi, insieme a molte altre marche si trova su Amazon.

L’altro grande tema riguardo al futuro delle posate è il concetto di edibile. Si stima che nei soli Stati Uniti, ogni anno, vengano usati e gettati 40 miliardi di posate di plastica. In India risulta che questo numero sia tre volte tanto. Insomma una piaga, senza mezzi termini.

Ecco allora posate edibili fatte per lo più con il miglio. L’antico grano africano, infatti, assorbe i liquidi ad un ritmo molte lento ed è adatto alla coltivazione anche in zone semiaride. Ma anche la farina di sorgo o di riso sembrano prestarsi bene. Sempre che poi non andiamo ad impacchettare le posate edibili in confezioni di plastica, perché è ovvio che la loro conservazione, anche se hanno shelf-life lunga, è fondamentale.

E allora anche se cambiano materiali, se sono stampate in 3D, contengono sensori e ce le possiamo mangiare… lunga vita alle amate posate!

LA STARTUP DELLA SETTIMANA: LAWMATICS

Lawmatics, una startup di San Diego che sta costruendo software di marketing e CRM per avvocati, annuncia di aver raccolto 2,5 milioni e mezzo di dollari questa settimana. Forse molti di voi si chiederanno dov’è la novità, visto che in ambito legale abbiamo già visto una pletora di innovazioni che arrivano fino all’intelligenza artificiale capace di scrivere e completare contratti, e qui parliamo ancora di CRM?

Il fondatore ce lo spiega meglio. Tale Matt Spiegel ha descritto che il rapporto di uno studio legale con i suoi clienti può essere diviso in tre fasi: l’assunzione (quando un cliente sta decidendo se assumere uno studio legale); il caso legale vero e proprio; e dopo che il caso è stato risolto. A quanto pare la maggior parte dei software legali è progettata per gestire la fase due, mentre Lawmatics si concentra sulle fasi uno e tre.

Insomma, la novità sta non tanto nel software in sè, ma quanto al fatto che sia stato pensato specificamente per gli avvocati e per gestire gli aspetti relazionali. Del resto in generale i legali sono persone straordinariamente preparate sul loro specifico campo, ma quando si tratta di passare al rapporto con i Clienti, non tutti sono necessariamente dotati e strumenti che possono aiutare ad arricchire le relazioni possono sicuramente essere utili.  

SALUTI

La puntata di The Future Of è quasi finita, ma non andate via, ancora un istante. Da questa stagione ci lasciamo con una frase significativa sul futuro, per non perdere mai l’ispirazione a guardare avanti: Lauren Cunning ha scritto “Il passato è solo un tempo o un’esperienza immaginaria che viene usata per insegnarci lezioni per il futuro. Il futuro è il luogo in cui si applicano le lezioni del passato.”


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