
News dal futuro – proteine artificiali, ricostruzione ossea, guerre stellari, basi sottomarine, desalinizzazione
Questa settimana nella rubrica di notizie sul futuro di The Future Of parliamo di:
- proteine artificiali: come il machine learning ci porta a scoprire le regole della vita
- nuovi materiali basati sulla logica dei mattoncini Lego per riparare le ossa rotte
- USA e GB contro gli esperimenti spaziali russi che assomigliano troppo ad armi stellari
- nasce Proteus il primo laboratorio scientifico sottomarino ad alta tecnologia, la ISS degli oceani
- serre di acqua di mare, ventilatori speciali e strani cartoni portano frutta e verdura nel deserto
La startup della settimana: Matik, California, presentazioni che si fanno da sole.
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Benvenuti o bentornati a The Future Of: questo è lo spazio dei curiosi di futuro.
Io sono Andrea Ferrante e vi racconto le tecnologie, i colpi di genio e le discontinuità che potrebbero diventare grandi e plasmare il modo in cui vivremo domani.
PRIMO SEGNALE DI FUTURO: PROTEINE ARTIFICIALI
Le proteine, come sappiamo, sono essenziali per le cellule: svolgono compiti complessi e catalizzano le reazioni chimiche. Gli scienziati e gli ingegneri hanno cercato a lungo di sfruttare questo potere progettando proteine artificiali in grado di svolgere nuovi compiti, come curare le malattie, catturare il carbonio o raccogliere energia, ma molti dei processi esplorati per creare tali proteine sono risultati lenti e complessi, ed hanno mostrato un alto tasso di fallimento.
In una svolta che potrebbe avere implicazioni importanti nei settori della sanità, dell’agricoltura e dell’energia, un team guidato da ricercatori dell’Università di Chicago ha sviluppato e testato un processo guidato dall’intelligenza artificiale che utilizza i big data per progettare nuove proteine.
CON L’AIUTO DEL MACHINE LEARNING
Sviluppando modelli di machine learning in grado di esaminare grandi quantità di informazioni sulle proteine, raccolte da vari database sul genoma, i ricercatori hanno scoperto e codificato regole di progettazione relativamente semplici per la costruzione di proteine artificiali. Quando il team ha costruito queste proteine artificiali in laboratorio, ha scoperto che eseguivano così bene i processi chimici che rivaleggiavano con quelle che si trovano in natura. Detto in altri termini, sono riusciti a risalire alle regole che la natura ha usato in miliardi di anni di evoluzione. Un approccio che consente di pianificare a tavolino nuove proteine, che sono composte da centinaia di migliaia di aminoacidi, e poi testarle su batteri o comunque in ambiente protetto, e capire come si comportano e cosa permettono di ottenere.
E non finisce qui. La codifica di regole semplici consentirà di estendere lo stesso approccio anche ad altri sistemi complessi come in biologia o per lo studio del cervello o per sconfiggere il cambiamento climatico.
Ancora una volta la potenza di calcolo, i big data ed il machine learning si alleano per regalarci nuove soluzioni ai tanti problemi del secolo. In questo caso la tecnologia è talmente avanzata da aver prodotto una startup, come spin off universitario, la Evozyme che promette di commercializzare rapidamente la soluzione. Ed anche in questo caso The Future Of promette di restare sul pezzo e di vedere cosa accadrà.
SECONDO SEGNALE DI FUTURO: RICOSTRUZIONE OSSEA
La seconda storia, positiva, della settimana riguarda un’altra eccitante applicazione. Sono stati progettato piccoli mattoni stampati in 3D, pensati per guarire le ossa rotte, una tecnologia che potrebbe un giorno portare a organi prodotti in laboratorio per il trapianto umano.
Ispirati ai famosi blocchi della Lego, i piccoli mattoni cavi fungono da impalcatura su cui i tessuti duri e molli possono ricrescere meglio dei metodi di rigenerazione standard di oggi, almeno secondo una nuova ricerca pubblicata su Advanced Materials. Ogni mattone è tagliato come un cubo di 1,5 millimetri, appena la dimensione di una piccola pulce!
Quando vengono impilati insieme, i microblocchi, ripararano le ossa meglio dei metodi odierni. I chirurghi ortopedici in genere riparano le fratture ossee più complesse impiantando barre o piastre metalliche per stabilizzare l’osso e poi inserendo materiali biocompatibili ricchi di polveri o paste che favoriscono la guarigione.
L’IMPALCATURA
Un vantaggio unico di questo nuovo sistema di “impalcatura” è che i suoi blocchi cavi possono essere riempiti con piccole quantità di gel contenente vari fattori di crescita che vengono posizionati esattamente vicino a dove sono necessari. Lo studio ha rilevato che i blocchi pieni di fattori di crescita posizionati vicino alle ossa di ratto riparate, hanno portato a una crescita dei vasi sanguigni circa tre volte maggiore rispetto al materiale usato nelle tecnologie convenzionali.
E le combinazioni possibili sono tantissime. I piccoli dispositivi infatti, sono modulari e possono essere assemblati per adattarsi a quasi tutti gli spazi. Quando si mettono insieme i segmenti di blocco contenenti quattro strati di quattro mattoni per quattro, i ricercatori stimano che si possano creare più di 29.000 configurazioni diverse.
E non è tutto. Modificando la composizione dei materiali stampati in 3-D, i ricercatori , prevedono che possa essere utilizzata anche per costruire o riparare i tessuti molli. Procedendo con la ricerca sperano, inoltre, che l’approccio modulare della microgabbia possa essere utilizzato anche per realizzare organi da trapiantare.
Insomma se i rompete una gamba non c’è nulla da festeggiare, ma probabilmente in futuro saremo in grado di ripararla meglio di come sappiamo fare oggi.
TERZO SEGNALE DI FUTURO: GUERRE STELLARI
Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno accusato la Russia di aver testato un’arma anti-satellite nello spazio, un pessimo segnale che una corsa agli armamenti spaziali, non sia solo fantascienza da film.
Il Generale Raymond della US Space Force, ha dichiarato che l’arma, un proiettile di fatto, è stata lanciata da un satellite russo che aveva gia’ manovrato vicino a un satellite del governo americano all’inizio di quest’anno. La Russia ha insistito sul fatto che le sue attività spaziali sono puramente pacifiche, ma Raymond ha detto che le attività del veicolo spaziale coinvolto nel lancio non erano coerenti con la sua designazione ufficiale come satellite di ispezione. Insomma qualcosa non torna, la velocità con la quale ha sganciato il ‘proiettile’ era troppo elevata per pensare al semplice deployment di un satellite figlio o di qualche equipment per analisi spaziali.
SATELLITI CURIOSI
A gennaio, due satelliti russi si erano avvicinati ad un satellite di sorveglianza militare statunitense, il KH-11, ritenuto potente nella risoluzione delle immagini quanto il telescopio spaziale Hubble. Praticamente un satellite spia americano. I due satelliti russi si sarebbero allontanati quando gli Stati Uniti hanno protestato ufficialmente.
Sei mesi dopo, a Luglio, si ritiene che un satellite russo abbia sparato un oggetto o un proiettile di test verso lo spazio profondo.
Quindi prima hanno testato l’avvicinamento ad un satellite nemico. Poi hanno testato il lancio di un missile da satellite. Quale sarà il prossimo passo? C’è il rischio che si passi da test non distruttivi ad un vero e proprio attacco?
I russi si sono difesi dichiarando che lo scopo di questi satelliti è il monitoraggio di altri oggetti spaziali, in pratica un satellite spia di altri satelliti spia, ma come noto le dichiarazioni dei militari su argomenti segreti valgono quello che valgono. Cioè poco o nulla.
È tutto questo avviene in uno scenario dove, a quanto pare, i russi hanno costruito a terra anche basi missilistiche anti-satellite. Sembra insomma che si stiano dotando di capacità offensive sia da terra che dallo spazio stesso… in un pericoloso revival di guerra fredda che francamente non giova a nessuno. Neppure ad americani, cinesi ed indiani che oggi fanno le vittime, ma probabilmente hanno già in laboratorio o addirittura deployate le loro contromosse.
QUARTO SEGNALE DI FUTURO: BASI SOTTOMARINE
Venti metri sotto la superficie del Mar dei Caraibi, al largo della costa di Curaçao, l’aquanauta Fabien Cousteau e il progettista industriale Yves Behar vogliono costruire la più grande stazione di ricerca subacquea e l’habitat più grande del mondo. Potrebbe cambiare per sempre il modo in cui viene fatta la ricerca subacquea.
Il loro prototipo, chiamato Proteus, sarà un laboratorio scientifico di 4.000 metri quadrati quattro volte più grande e tecnologicamente più avanzato di qualsiasi laboratorio subacqueo fino ad oggi.
Ospiterà fino a 12 scienziati e ricercatori provenienti da tutto il mondo, ed è destinata ad essere una versione subacquea della Stazione Spaziale Internazionale (la ISS).
La struttura circolare a due piani, a forma di spirale, sarà ancorata al fondo dell’oceano su palafitte, con pod modulari sporgenti che conterranno laboratori, alloggi personali, un ospedale e magazzini per stivare i materiali di ricerca.
La capsula più grande conterrà una piscina, che farà da passaggio per i subacquei per accedere al fondo dell’oceano e sommergibili per attraccare con la ISS subacquea, e tutte le capsule possono essere attaccate o staccate per adattarsi alle esigenze specifiche delle varie missioni.
AD ENERGIA EOLICA
Proteus sarà alimentata dall’energia eolica, solare e termica dell’oceano, e disporrà della prima serra subacquea per la coltivazione di cibo, ed avrà diverse accortezze come finestre per far entrare la luce naturale (almeno quella che filtra sotto l’oceano) ed una palestra per l’esercizio fisico per rendere la vita subacquea a lungo termine più sostenibile.
Consentendo ai ricercatori di lavorare sott’acqua limitando o azzerando i tempi di decompressione per i subacquei, l’obiettivo è consentire l’esecuzione di molte più attività di ricerca per unità di tempo, rispetto a quanto ottenibile dagli approcci tradizionali.
Quanto costerà passare dal design alla realizzazione? L’astronomica cifra di 135 milioni di dollari. Considerato che ad oggi abbiamo esplorato appena il 5% dei fondali marini, l’investimento sembra particolarmente interessante. E poi Fabien Cousteau porta in dote il sangue ed il cognome del suo famoso nonno Jacques… chissà che sia proprio la persona giusta per promuovere un progetto così ambizioso.
QUINTO SEGNALE DI FUTURO: DESALINIZZAZIONE
L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che entro il 2025, cioè fra appena pochi anni, la metà della popolazione mondiale vivrà in aree soggette a stress idrico, dove la domanda di acqua pulita e utilizzabile supera la quantità disponibile. Uno scenario per nulla incoraggiante.
Alcuni innovatori ritengono che la soluzione per salvare la nostra risorsa più preziosa, l’acqua, potrebbe essere proprio davanti i nostri occhi. Charlie Paton, il fondatore e direttore di Seawater Greenhouse con sede nel Regno Unito sostiene che “È sbagliato dire che l’acqua è una risorsa finita perché è una risorsa infinita; semplicemente non la gestiamo bene”. Un’affermazione forte che merita il giusto grado di approfondimento.
Mentre l’acqua dolce del pianeta può essere limitata, il progetto Seawater Greenhouse sfrutta la potenza di due cose di cui disponiamo in abbondanza, l’acqua di mare e la luce del sole, per coltivare il cibo in mezzo al deserto.
Paton e il suo team hanno creato serre d’acqua di mare in località costiere aride e soleggiate come l’Oman, gli Emirati Arabi Uniti e l’Australia nell’ultimo decennio e, più recentemente, in Somalia. Attraverso un metodo innovativo di desalinizzazione, queste serre completamente alimentate a energia solare utilizzano l’acqua salata, convogliata direttamente dal mare in pozzi, per creare condizioni ideali per l’agricoltura.
RISULTATI STRABILIANTI
Risultato? File di frutta o verdura impossibili da coltivare in un deserto crescono rigogliose, così come cetrioli succosi, pomodori belli tondi e lamponi rossi brillanti che sfidano le condizioni climatiche di contorno.
Il bello di una serra di acqua di mare è che l’acqua può essere riutilizzata in modo efficiente.
Con la crescita delle piante, esse evaporano l’acqua attraverso le foglie e i fiori in un processo chiamato traspirazione. Le piante perdono più acqua rapidamente in condizioni calde e secche, ma dentro le serre il microclima più fresco e umido fa sì che le piante richiedano meno acqua dolce e meno irrigazione, riducendo così il consumo di acqua e i costi complessivi.
Le serre d’acqua di mare rendono possibile tutto questo con una tecnologia basata su speciali ventilatori che spingono l’aria attraverso dei “pad” imbevuti d’acqua, che di fatto sono strati di cartone ondulato appesi verticalmente, producendo un vapore che aggiunge umidità alla serra e abbassa la temperatura di circa 15 gradi.
Mentre i tradizionali sistemi a tampone e a ventola utilizzano acqua dolce, le serre di acqua di mare utilizzano acqua salata. L’effetto è lo stesso. Quando l’acqua viene spinta attraverso il pad, il sale viene separato dall’acqua dolce e quest’acqua ad alta salinità, chiamata salamoia, viene usata per raffreddare la serra.
Il progetto è intrigante ed economicamente sostenibile, chissà che non lo vedremo comparire qua e là nei posti più caldi del pianeta… e per come sta evolvendo il clima presto potrebbe essere una soluzione anche per il nostro caldo territorio italiano.
LA STARTUP DELLA SETTIMANA: MATIK, PRESENTAZIONI CHE SI FANNO DA SOLE
La startup della settimana è la californiana Matik che ha raccolto un seed da 3 milioni di dollari per perfezionare la sua piattaforma che consente di creare presentazioni interne o per i Clienti in pochi minuti. Collegando Matik con principali software di input da una parte, come ERP, CRM, Salesforce e simili e con Google Presentation e Power Point dall’altra, la promessa è quella di realizzare perfette presentazioni in un tempo brevissimo. Quanto breve? Il claim è 1-2 minuti per far fare all’intelligenza artificiale qualcosa che un uomo farebbe in 2-4 ore. Il tutto già sui template grafici dell’azienda e ovviamente garantendo tutti i cross-check sui numeri, che spesso sono fonte di errore quando inseriti manualmente.
Un progetto affascinante, ma se penso che ho iniziato la mia carriera preparando report commerciali per un grande produttore di cosmetica, mi chiedo se con Matik in giro 20 anni fa, avrei mai trovato quel lavoro.
SALUTI
La puntata di The Future Of è finita, ma non andate via, ancora un istante.
Prima di tutto, grazie di essere stati con me durante le vostre attività quotidiane, mentre preparate da mangiare, durante il fitness o solo per una pausa, o come spero io la sera sprofondati in una comoda poltrona con un bicchiere di cognac in mano.
Vi ricordo che The Future Of è in crowdfunding su Patreon, quindi se volete supportare questo progetto di divulgazione gratuita a meno del costo di un caffè a settimana, siete i benvenuti e avete tutta la mia infinita gratitudine.
In attesa che esca la prossima puntata, come sempre vi invito a suggerire The Future Of ai vostri amici, ai colleghi ed agli appassionati di futuro.
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