La ricerca dei segnali deboli in azienda interessa a qualcuno?
Ora che abbiamo una migliore conoscenza di cosa sono i segnali deboli di futuro e dove ne possiamo trovare alcuni, se volessimo provare a portarli in azienda come facciamo?
Come potete immaginare, non esiste il manuale del perfetto scout di segnali deboli di futuro, però alcune practice (sperando siano best) le possiamo discutere.
Ho lavorato per anni con le startup ed ho imparato alcune regole base, applicabili ben oltre questo contesto: una startup funziona se risolve un problema con una soluzione per la quale qualcuno è disposto a pagare.
Quindi semplicemente, la ricerca di segnali deboli di futuro risolve un problema organizzativo? E qualcuno è disposto a pagare per mettere in piedi un sistema di alert ed interpretazione?
Se il problema organizzativo è l’incertezza generica sugli scenari futuri, le aziende mostreranno scarso interesse. Perché il problema non è “bruciante”. L’approccio aneddotico di narrare cosa hanno fatto le aziende eccellenti sul foresight (ad es. Shell ed il ben noto scenario planning), o cosa non hanno fatto quelle scomparse (ad es. Kodak o Blockbuster) non sembra in grado di creare il giusto grado di “immedesimazione”.
Del resto, giusto o miope che sia, alle aziende interessa risolvere un problema che hanno oggi, non fra 10 anni che è l’orizzonte del foresight. I manager che ci sono oggi penseranno che, fra 10 anni, potrebbero non essere nemmeno più in azienda.
Dovrebbero essere particolarmente interessati i fondi di venture capital, che hanno orizzonti di disinvestimento attorno ai 10 anni, ma di fatto sono poco attivi se non proprio assenti sul tema. La maggior parte del loro lavoro è concentrato sul valutare le possibilità di crescita e scalabilità di un progetto, e l’ambiente esterno, dove una startup potrebbe avere successo, è solo uno dei tanti elementi sullo sfondo delle decisioni di investimento. Anzi, più la startup è early stage, più il focus è verso l’interno, sulla capacità di execution del Team, piuttosto che su come sarà il mondo ed il mercato qualche anno dopo, quando il Fondo cercherà la sua exit.
Hanno invece maggiore sensibilità a questi temi le organizzazioni con scopi pubblici, politici, civili e sociali di vario tipo, che lavorano naturalmente su processi che richiedono tempo per essere cambiati. Non hanno l’assillo del profitto a breve e comunque hanno capito benissimo che si trovano in un contesto di accelerazione dell’incertezza e della complessità.
Peccato che chi ragiona solo sul breve è costretto dalle gabbie del presente, del problema contingente. E lì resta. Chi invece ragiona sugli scenari futuri si apre spazi di potenziale successo che gli altri non vedono ancora. E lo fa adesso. Questo è il problema che viene risolto: poter guardare avanti nel tempo e capire cosa serve fare adesso per prepararsi a quei possibili futuri (o per farli accadere, dove c’è leadership).

La condizione preliminare quindi per introdurre in azienda progetti di futuro, è avere una leadership che ha già una visione di lungo termine. La visione viene prima dell’interesse sul futuro. Non il contrario. Mettersi ad analizzare il futuro come esercizio meccanico, quasi fosse un qualsiasi nuovo task da aggiungere alla lista o una moda o un nuovo tool di strategia, non serve a niente. Gli esercizi di futuro servono ad allargare, confermare o smentire la direzione intrapresa. Punto.
Chi non ha una direzione già in testa, non ci pensa al futuro. E quindi non lo compra.
In sintesi, la premessa per trovare terreno fertile sullo studio dei segnali deboli di futuro è avere una leadership orientata al futuro. Basta così?
Ovviamente no. Il secondo elemento è avere una diffusione della future literacy in azienda. Se la leadership è la punta, le risorse umane sono la base della piramide. Più c’è sensibilità sul tema del futuro a tutti i livelli, più gli esercizi di futuro possono portare a risultati reali.
La ricerca dei segnali deboli in azienda interessa a qualcuno
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