La ricerca dei segnali deboli in azienda in pratica

Lo spazio dei curiosi di futuro

La ricerca dei segnali deboli in azienda in pratica

Il framework logico fatto da scannerizzare i segnali deboli, dare loro un senso, agire di conseguenza, ce lo consegna pronto Schoemaker. E’ il grafico di seguito. 

La ricerca dei segnali deboli in azienda in pratica

Guardiamo alla fase di scanning. Tap local intelligence significa ricorrere all’intelligenza distribuita all’interno dell’azienda che dovrebbe essere già in qualche modo pronta, allertata a raccogliere i segnali di futuro. Leverage extended networks significa ricorrere alle fonti esterne, cioè fornitori, Clienti, partners e stakeholders vari. Mobilize search parties invece si riferisce all’idea di creare team di risorse dedicate specificamente all’esplorazione del futuro e delle discontinuità.

Per quanto mi riguarda, alla luce della mia esperienza di venti anni in azienda, salvo solo alcune parti di quanto dice l’autore . Conservo l’idea della necessità di diffondere all’interno la cultura e la predisposizione a cogliere i segnali di futuro ed in parte il concetto che risorse dedicate possano essere utili. Per il resto, trovo ci sia un po’ di accademia. Il tempo in azienda è scarso e gli obiettivi contingenti sono messi davanti a tutto. Il tempo per pensare è pochissimo, in diversi contesti le retribuzioni sono guidate da algoritmi sulla base delle performance delle persone. E vi aspettate che dalla presunta intelligenza distribuita emerga qualcosa? E addirittura che sia spontaneo?

Se c’è una componente aziendale che possiamo attivare per prima alla ricerca dei segnali di futuro, è quella composta da persone anticonformiste, outliers, rompiscatole, iperattivi, disordinati, curiosi, quello che vengono chiamati “fuori del comune” o “un tipo un po’ sui generis” etc… In un alveare non vanno tutte le api e cercare segnali all’esterno, ma solo quelle deputate al ruolo di vedette. 

E visto che i segnali, come detto, arrivano dall’esterno, ma anche dall’interno del mondo aziendale, bene che queste persone siano venditori, addetti ai contact center, persone di marketing… idealmente tutti quelli che ogni giorno si confrontano con il mondo reale.

Perché questi individui e non i managers che hanno, in un certo senso, già una responsabilità istituzionale sul futuro? Perché i managers filtrerebbero i segnali colti, leggendoli con le lenti di quello che conviene o non conviene ai loro processi ed obiettivi. Serve una prima visione pulita, neutra, quasi fattuale di raccolta dei segnali.

Nel frattempo la diffusione della future literacy all’interno dell’azienda aiuterà il resto della struttura ad essere ricettiva sui segnali portati da questi primi “cercatori”. In questo modo sarà poi possibile coinvolgere l’intera azienda, in maniera progressiva, nella raccolta di segnali o presunti segnali. Attraverso la sensibilizzazione al tema, con workshop, mini-lavori di squadra, persino con un tocco di gamification.

Dopo di che, serve un “luogo”, digitale possibilmente, ove raccogliere i segnali. Banalmente potremmo dire una Wiki aziendale, una sezione della intranet interna. Per ora non stiamo ancora parlando di “dare un senso” ai segnali, ma solo di sistematizzare la raccolta. Libera, veloce, senza filtri. Un link ad un articolo di un magazine, un post su un social network, gli atti di un convegno, la puntata di un podcast, una foto uploadata dallo smartphone. Non fa nulla se inizialmente sembra un calderone, l’importante è avere un repository che non respinga alcuno stimolo.

E chi guida questo processo? Ci hanno insegnato che un progetto per avere successo deve avere uno “sponsor”. 

Sul modus operandi tradizionale però, ho sempre avuto qualche perplessità. Se lo sponsor è il CEO, si andrà a strappi: con mille cose cui pensare, finirà di delegare a qualche manager di riferimento, per il quale l’argomento potrebbe essere l’ennesima “distrazione” non desiderata.

Se è direttamente un manager, il successo dipenderà dalla sua capacità di caricarsi operativamente sulle spalle il progetto, portarlo avanti, non lasciarlo spegnere nei momenti di difficoltà. E quindi deve avere un forte interesse personale, per prendersi questo ruolo.

L’alternativa potrebbe essere costituire un Team di ricerca ed analisi dedicato. Vi sentirete fare l’obiezione che può avere un costo rilevante o, comunque, un costo non facilmente correlabile con un ricavo. Potete sempre optare, allora, per un Team interfunzionale che si riunisce ed opera ad hoc, per esplorare i segnali deboli di futuro. Con il rischio nuovamente che lo sforzo sia percepito come l’ennesimo progetto che toglie risorse alle cose più importanti.

Ecco allora, che prima di arrivare alla maturità sui temi dell’analisi del futuro, la soluzione migliore è un Comitato. Analogamente a quanto avviene per i comitati scientifici, o etici, o sulle remunerazioni o tanti altri che esistono in azienda. Tale organismo sarà a supporto del management nelle fasi di pianificazione, composto da un mix di interni ed esterni ed avrà una sua agenda.

Perché fatto così? Abbiamo detto che lo studio sul futuro è utile per capire cosa serve fare ora per prepararsi al futuro, che sia esso possibile, probabile, desiderato o da evitare. Se l’impalcatura non ha la capacità di fornire spunti, strumenti, iniziative che partono dall’oggi, rischia di perdere il suo appeal.

L’uso di un Comitato serve a dare reputazione all’esercizio, rimanendo snello e relativamente poco costoso (certamente meno dell’allocazione di risorse interne full time dedicate).

Il fatto che sia misto tra professionisti esterni esperti e stakeholder interni, solitamente scelti a vari livelli gerarchici e su base volontaria, favorisce lo scambio e la circolazione di informazioni. Certamente evita che il tutto sia guidato da un consulente esterno, che spesso è visto come un presunto guru o uno stregone, oppure sia una mera emanazione dei desideri del CEO. La presenza di un’agenda programmatica, è forse l’elemento più importante. Rende trasparenti le action da intraprendere e coinvolge tutti su obiettivi ed azioni. La possibilità di rendere l’agenda più serrata o rilassata, di definire chi fa cosa e perché, aiuta ad accogliere il futuro in maniera seria, professionale e senza zone d’ombra.


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