
I misteri
dell’ozono
I misteri dell’ozono
Il buco dell’ozono si sta chiudendo. Anzi l’aspettativa è che entro il 2066, la ferita causata in passato al nostro pianeta si sarà completamente rimarginata. Tutto bene quindi? Mica tanto. Secondo una ricerca pubblicata in settimana sulla rivista Nature Geoscience, le sostanze chimiche che erano state vietate dopo aver creato il buco nello strato di ozono della Terra si stanno ancora accumulando a un ritmo allarmante nella nostra atmosfera. Queste sostanze chimiche, un tempo ampiamente utilizzate per l’aria condizionata e la refrigerazione, dovevano essere eliminate a livello globale entro il 2010.
Parliamo dei famosi CFC. Oltre a essere ampiamente utilizzati nei refrigeranti, i CFC erano onnipresenti anche negli spray aerosol, negli imballaggi in schiuma e nell’isolamento. Sostanze pericolosissime, senza se e senza ma. Si tratta di “super” gas serra che sono centinaia o migliaia di volte più potenti dell’anidride carbonica per quanto riguarda la loro capacità di riscaldare il pianeta. Esistono diversi tipi di CFC, che dovevano essere eliminati in tutto il mondo entro il 2010 in base al Protocollo di Montreal e così pareva essere avvenuto. Dal Protocollo di Montreal del 1987 alla completa abolizione del loro uso nel 2010, sembrava andare tutto bene.
CFC e HFC
Ma non è esattamente così. Se è vero che i CFC dovrebbero essere praticamente inesistenti nei prodotti che li contenevano in passato, le aziende sono tecnicamente ancora autorizzate a utilizzare i CFC nel processo di produzione di sostanze alternative. In altre parole, i CFC possono essere utilizzati come materia prima, ovvero come ingredienti per la produzione di una nuova sostanza chimica. Questo è il caso di tre dei cinque CFC che sono diventati più diffusi dal 2010 (denominati 113a, 114a e 115). Sono utilizzati per produrre idrofluorocarburi, o HFC, che hanno sostituito i CFC nei condizionatori d’aria, nei frigoriferi e negli estintori.
Sono quindi loro la causa del nuovo pericoloso innalzamento dei livelli di presenza odierni? E qui sta il problema. Gli scienziati oggi non hanno la più pallida idea della loro provenienza. Manca il monitoraggio su scale globale delle provenienze. E due su cinque delle sostanze incriminate non sono nemmeno usate come materie prime dei già citati HFC. Come si direbbe in un giallo che si rispetti, “la polizia brancola nel buio”, ed ancora una volta vuol dire che qualcuno se ne frega allegramente delle sorti del nostro pianeta per scopi di profitto. Saranno le miniere di terre rare cinesi? Le trivellazioni forsennate degli americani? Le ricerche sotto traccia dei russi? Comunque sia, un nuovo potenziale pericolo ancora estremamente sottovalutato.

Robotica
biomimetica
Robotica biomimetica
Una recente collaborazione tra l’École Polytechnique Fédérale di Losanna e l’Università di Graz in Austria ha sviluppato un sistema robotico di controllo di diversi parametri vitali dell’alveare, mimetizzato in un foglio di nido d’ape e lo ha integrato in una colonia di api.
La chiamano robotica biomimetica o biocompatibile ed è un filone particolarmente rilevante, in particolare nella conservazione della api, perché questi animali sono notoriamente territoriali e distruggono o coprono qualsiasi corpo estraneo nell’alveare. Per questo motivo, durante la progettazione del sistema, gli ingegneri hanno dovuto tenere conto non solo delle funzionalità robotiche richieste, ma anche dei comportamenti sociali delle api da miele.
E infatti il team ha impiegato diverse iterazioni per ottenere il design giusto. Il dispositivo robotico finale assomiglia a un telaio da apicoltura con un pannello elettronico nella parte superiore. Al centro c’è una scheda a circuito stampato (una PCB), dove si trovano gli attuatori termici, i sensori e tutta l’elettronica di supporto per far funzionare il sistema. Le api non hanno accettato il primo progetto, fatto dal solo circuito stampato, e lo hanno rivestito di resina e ricoperto di cera. In seguito, i ricercatori hanno deciso di aggiungere un telaio per la sagoma della struttura e, dopo aver provato alcuni materiali, alla fine hanno vinto le resistenze della colonia con una rete tagliata al laser dello spessore di 1 millimetro.
Salvataggio della colonia
Quando la temperatura è scesa all’interno dell’alveare sotto temperature limite (10 gradi), le api hanno smesso di battere le ali e gli scienziati sono quindi stati capaci di intercettare il pericolo ed il sistema ha riscaldato l’interno della struttura consentendo alle preziose api di sopravvivere. Salvando la colonia.
Se pensate che sia un successo da poco, è invece un grande risultato per difendere una specie che è in pericolo e dalla quale dipende gran parte dell’impollinazione e quindi della nostra vita.
La robotica biomimetica è lo studio di robot biologicamente ispirati, basati su principi e idee tratti dal mondo animale. Si tratta di un campo multidisciplinare che comprende la progettazione meccanica, le tecnologie dei materiali, l’ingegneria dei sensori e degli attuatori, la fisiologia e le neuroscienze. L’obiettivo è quello di costruire sistemi che mostrino un comportamento autonomo, robusto e conforme alle norme, in ambienti naturali. E quello sulle api è un esempio promettente e utile.
Robo-Honeycomb Reveals the Secret Lives of Bees – IEEE Spectrum

Apple
al glucosio
Apple al glucosio
Recentemente avrete forse sentito la notizia che Apple avrebbe sviluppato un dispositivo, ancora nella fase di proof-of-concept per il monitoraggio della glicemia senza aghi. Cioè non servirebbe più prelevare una goccia di sangue del paziente, ma basterebbe poggiare il dito su un sensore.
Secondo un rapporto di Bloomberg, il dispositivo di Apple utilizzerebbe la luce per misurare i livelli di glucosio nel liquido interstiziale, appena sotto la pelle. Per testare i livelli di glucosio senza ricorrere al prelievo di sangue, Apple sta sviluppando un chip fotonico in silicio che utilizza la spettroscopia di assorbimento ottico per far brillare la luce di un laser sotto la pelle e determinare la concentrazione di glucosio nel corpo.
Ok, per ora lo strumento è ancora grande quanto un iphone: serve uno sforzo di miniaturizzazione notevole, ma certamente non impossibile, per farlo stare dentro uno smartphone. La versione precedente, per semplicità era grande come un tablet, quindi i progressi sono già evidenti.
Due elementi importanti vanno notati in questa storia. Primo. Apple ha iniziato a lavorare sul monitoraggio alternativo del glucosio dopo aver acquistato RareLight nel 2010, sotto le istruzioni ancora di Steve Jobs. Per molti anni, ha poi utilizzato una startup chiamata Avolante Health per lavorare sottotraccia al progetto in una struttura segreta. Nel 2021 la società Rockley Photonics ha presentato un sistema di sensori digitali in grado di monitorare la temperatura corporea, la pressione sanguigna, l’andamento del glucosio, l’idratazione, l’alcol, il lattato e altro ancora. Rockley aveva come primo cliente Apple. E’ quindi un’ossessione che dura da 13 anni lavorare in questa direzione.
Perchè?
Secondo, il perché di tutto questo. La prima risposta, quella facile, riguarda il mercato. Nel 2021 la International Diabetes Federation ha stimato che esistano oltre mezzo miliardo di persone diabetiche nel mondo. Sicuramente una bella fetta di clientela da conquistare, specialmente oggi che il mercato è dominato da pochi player e crescere in quota di mercato è piuttosto difficile. Ma, appunto oggi. Poteva essere questo già il ragionamento illuminato di Steve Jobs nel 2010, con il mondo degli smartphone ancora vergine da conquistare?
Il progetto relativo alla misurazione del glucosio oggi è sotto l’egida dell’Exploratory Design Group, un reparto di incubazione di nuove idee che mira a realizzare iniziative di ampia portata, a volte definite “moonshot”, quindi veri e propri sogni innovativi e di grande portata. Questo testimonia che probabilmente siamo lontani ancora molti anni dal momento della commercializzazione di questa innovazione, ma ci conferma la sua importanza. Lo smartphone come oggetto destinato alla salute, con una sensoristica che ci guarda da fuori, ma ci legge dentro. Oggi guarda al sangue e ad alcuni parametri vitali. Domani potrà dialogare con il cervello? Come ho scritto nella recente puntata sulle Brain Computer Interfaces io ne sono abbastanza convinto, è una delle possibili evoluzioni di questo strumento.
VIDEO
NEWSLETTER
Qui il link all’archivio storico delle Newsletter.
Iscriviti. Gratuita. Scelta già da centinaia di appassionati.
SEGUI THE FUTURE OF
ULTIMI ARTICOLI DEL BLOG
- News sulle BCI, Cambiamenti nel lifestyle, Lotta al cancro
- E-roads, Virus zombie, Trailer AI
- Reti neurali liquide, Realtà sintetiche, Fusioni bizzarre
- I misteri dell’ozono, robotica biomimetica, Apple al glucosio
- Zem car, latte senza mucca, immagini brain scan