Futuro del caffè, centrali a onde, voli a emissioni zero

Lo spazio dei curiosi di futuro

Futuro del caffè centrali a onde voli a emissioni zero

FUTURO DEL CAFFE’

FUTURO DEL CAFFE’

Ogni giorno nel mondo vengono bevute 2 miliardi di tazzine di caffè. Per ora. I ricercatori dell’Istituto di Scienze delle Risorse Naturali dell’Università di Zurigo hanno condotto un esame sulla resistenza di taluni alimenti di uso comune ed hanno concluso “il caffè si è rivelato il più vulnerabile ai cambiamenti climatici, con impatti negativi che hanno dominato tutte le regioni di coltivazione, soprattutto a causa dell’aumento delle temperature“.

I principali paesi produttori di caffè presi in esame (Brasile, Vietnam, Indonesia e Colombia) sono tutti gravemente colpiti dai cambiamenti climatici, con una forte riduzione delle aree idonee alla coltivazione dei preziosi chicchi. Senza azioni adeguate, il rischio di un calo consistente della produzione nei prossimi 30 anni è concreto. Anzi certo. Due studi pubblicati su Science.org nel 2019 hanno stimato che il 60% di tutte le specie di caffè esistenti siano a rischio di estinzione nel prossimo decennio. Esistono 124 specie conosciute.

Acquistare prodotti certificati Fair Trade o da B-corp potrebbe non essere sufficiente, se oltre alle iniziative lungo la filiera non si aggiungeranno quelle degli Stati per evitare deforestazione, perdita di biodiversità e deterioramento degli ecosistemi. Durante la Seconda Guerra Mondiale, per preparare il “caffè”, se così lo possiamo chiamare, venivano utilizzate le ghiande, così come la cicoria o il grano tostati. Se non vogliamo tornare a tali sostituti, bisogna agire. O forse alla fine torneremo proprio lì. Il famoso caffè “senza caffè” di Atomo, descritto come “delizioso, innovativo e sostenibile”, in realtà nasce da semi di dattero riciclati che vengono tostati e combinati con una miscela esclusiva di ingredienti tra cui uva e cicoria. Qualcuno quando ne parlo si indigna, a me turba di più che la pianta del caffè non riesca a sopravvivere alle temperature più alte causate dall’uomo.

Futuro del caffè centrali a onde voli a emissioni zero

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CENTRALI A ONDE

CENTRALI A ONDE

La seconda notizia della settimana riguarda un’altra tecnologia con enormi prospettive. La produzione di energia dal movimento delle onde marine. La Turchia ospiterà presto la più grande centrale mareomotrice del mondo: un sistema di 77 megawatt di impianti simili a pontili che generano energia pulita dal ritmo incessante del mare. E non sarà ad uso privato, ma connessa alla rete e quindi capace di fornire corrente alla popolazione.

Ancorata a strutture come moli e dighe, il movimento ascendente e discendente delle onde alimenterà pistoni idraulici all’interno degli scafi metallici, detti “galleggianti”. Questi, attraverso il pompaggio di un fluido che passa in una linea ombelicale sottomarina, alimentano una turbina sulla terraferma, la quale invierà l’energia alla rete tramite un inverter. E’ un progetto da 150 M $ che partirà da un impianto pilota da 4 MW nel porto di Ordu. Pensate… lo acquistano i Turchi, sulla base di tecnologie vendute dagli israeliani e realizzate dagli svedesi. Un esempio di come la tecnologia unisce, invece che dividere.

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VOLI A EMISSIONI ZERO

VOLI A EMISSIONI ZERO

Nel 2023 è stato pianificato un volo da Londra a New York che potrebbe rappresentare una pietra miliare nella storia dell’aviazione. Si tratterà infatti del primo volo transatlantico a zero emissioni. Sarà operato da Virgin Atlantic che ha vinto un concorso per ricevere finanziamenti governativi proprio per questo scopo.

I motori Rolls-Royce Trent 1000 alimenteranno un Boeing 787, uno degli aerei di punta della compagnia aerea, che volerà da Heathrow appunto a New York. Si prevede che questo volo sarà alimentato dal SAF (sustainable aviation fuel), ricavato principalmente dall’olio da cucina usato e da altri oli e grassi di scarto. L’utilizzo del 100% di SAF insieme alla rimozione del carbonio tramite crediti per il biochar, una sostanza che cattura e immagazzina il carbonio rimosso dall’atmosfera, porterà a un volo a impatto netto pari a zero. Niente male per un settore che nel 2019 (quindi a livelli pre-pandemici) ha prodotto 915 milioni di tonnellate di CO2 (poco più del 2% del totale globale).

E’ ora quindi di cantare vittoria? Sarà capace l’aviazione di togliere il suo nome da quello dei settori più inquinanti? Ovviamente, no. Ci vorrà tempo ed iniziative governative e private che vanno nella direzione giusta. L’Inghilterra si è mossa per tempo e, già dalla scorsa estate, ha lanciato un programma chiamato Jet Zero Strategy. Ma non basta. Il settore dovrà far crescere la scala di produzione del SAF prodotto (e quindi servono investimenti) e le autorità dovranno cambiare le attuali regole che prevedono che solo il 50% del carburante possa essere SAF, mentre il resto è il tradizionale cherosene. Inoltre, nuovi motori dovranno essere progettati e realizzati per passare ad un uso costante ed esclusivo di tale carburante ed infine servirà avere le materie prime in quantità sufficiente. Ma la direzione è quella giusta.

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