Cuori 3D, biocomputer, solar radiation modification

Lo spazio dei curiosi di futuro

Cuori 3D Biocomputer Solar radiation modification

Cuori 3D

CUORI 3D

Gli ingegneri del MIT hanno sviluppato una procedura per stampare in 3D una replica morbida e flessibile del cuore di un paziente. In più, e questa è la novità davvero straordinaria, hanno reso possibile controllare l’azione della replica per imitare la capacità di pompaggio del sangue del paziente. Di ciascun specifico individuo. Perché ogni cuore ha una sua forma e performance di funzionamento che sono diverse per ogni persona presente sulla faccia della terra. Il battito individuale, per semplicità è univoco come un’impronta digitale.

La procedura prevede innanzitutto la conversione di immagini mediche del cuore di un paziente in un modello tridimensionale al computer, che i ricercatori possono poi stampare in 3D utilizzando un inchiostro a base di polimeri. Il risultato è un guscio morbido e flessibile che ha l’esatta forma del cuore reale. Il team può utilizzare questo approccio anche per stampare l’aorta del paziente, l’arteria principale che porta il sangue dal cuore al resto del corpo.

Per imitare l’azione di pompaggio del cuore, il team ha fabbricato dei manicotti simili a polsini per la pressione sanguigna che avvolgono un cuore e un’aorta stampati. La parte inferiore di ciascun manicotto assomiglia a un involucro a bolle d’aria modellato con precisione. Quando il manicotto è collegato a un sistema pneumatico, i ricercatori possono regolare l’aria in uscita per gonfiare ritmicamente le bolle del manicotto e contrarre il cuore, imitando la sua azione di pompaggio.

Personalizzazioni

Ma non un’azione standard, bensì esattamente quella rilevata dal cuore del paziente. Di fatto questi cuori sono ottimi per testare varie opzioni di cura e di azione da parte dei medici: consentono di simulare quello che il cuore dovrebbe fare per funzionare bene prima di proporre al paziente le cure personalizzate a risolvere i suoi problemi cardiaci.

In definitiva, sembra che il progetto sia stato un successo e i ricercatori sono riusciti a dimostrare di essere in grado non solo di replicare perfettamente la forma e l’aspetto del cuore, ma anche le pressioni e i flussi di pompaggio cardiaco precedentemente misurati in ogni paziente. Prima che questi cuori artificiali vengano realmente impiantati un corpo umano potrebbe passare ancora un decennio di ulteriori studi, approfondimenti e processi autorizzativi, ma nel frattempo questi cuori “cavia” potrebbero già aiutare milioni di pazienti a risolvere i loro problemi.

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Biocomputer

BIOCOMPUTER

L’intelligenza artificiale sembra essere entrata nelle nostre vite con prepotenza e con promesse di performance eccezionali, ma un gruppo di scienziati sostiene che una nuova cosa chiamata “intelligenza organoide”, OI, alimentata da cellule cerebrali umane vive, potrebbe un giorno superare qualsiasi sistema artificiale, e farlo in modo molto più efficiente.

In una proposta pubblicata il 28 febbraio sulla rivista Frontiers in Science, un gruppo multidisciplinare di ricercatori ha illustrato i propri piani per trasformare grumi 3D di cellule cerebrali umane, chiamati organoidi cerebrali, in hardware biologico in grado di svolgere compiti computazionali avanzati.

Gli organoidi cerebrali sono un tipo di coltura cellulare coltivata in laboratorio. Anche se gli organoidi cerebrali non sono dei veri e propri “mini-cervelli” completamente funzionanti, condividono aspetti chiave della funzione e della struttura cerebrale, come i neuroni e altre cellule essenziali per le funzioni cognitive, come l’apprendimento e la memoria. Inoltre, mentre la maggior parte delle colture cellulari sono piatte, gli organoidi hanno una struttura tridimensionale. Questo aumenta la densità cellulare della coltura di 1.000 volte, il che significa che i neuroni possono formare molte più connessioni.

Vecchio + nuovo

Gli organoidi sono una “tecnologia” conosciuta sin dal 2012 ed ogni raggruppamento finora contiene circa 50.000 cellule. Gli scienziati ritengono che se riuscissero a portare le singole colture a 10 milioni di cellule ce ne sarebbe abbastanza per farle lavorare insieme ad hardware sintetico per funzionare come un computer.

In che modo? Come potete immaginare, da una parte lanciando segnali elettrici dall’esterno verso gli organoidi e, dall’altra, raccogliendo i loro “pensieri” e le loro “elaborazioni”. In pratica mettendo in comunicazione le due parti del computer, quella biologica e quella sintetica.

I contributi verranno da diverse discipline, come la bioingegneria, il machine learning, e la progettazione di nuovi dispositivi di stimolazione e registrazione. Il Professor Thomas Hartung, dell’Università Johns Hopkins al lavoro su questo progetto, ha detto di aver già sviluppato un dispositivo di interfaccia cervello-computer, che è una sorta di cuffia EEG per organoidi, sin dallo scorso agosto.

In pratica l’obiettivo è realizzare un computer vivente che metta insieme le migliori capacità del silicio e quelle del cervello e dei neuroni umani. Il concetto si basa su un assunto apparentemente semplice “mentre i computer basati sul silicio sono certamente più bravi con i numeri, i cervelli sono più bravi ad apprendere.” Ma quanto ci vorrà? Probabilmente decenni. E allora, mi chiedo io, questa opzione non sarà stata già superata dai computer quantistici?

Solar
radiation
modification

SOLAR RADIATION MODIFICATION

Nella categoria di tecnologie che prendono il nome di “solar radiation modification” troviamo alcune soluzioni che, in teoria, potrebbero essere utilizzate per abbassare la temperatura del pianeta terra.

Dico “in teoria” perché, per ora, si tratta di tecnologie speculative, cioè hanno un fondamento scientifico ed una loro logica, ma in assenza di studi, approfondimenti, analisi e persino dibattito etico, le Nazioni Unite ne sconsigliano l’utilizzo. Qualcuno chiama questi possibili approcci “geoingegneria solare”, ma io ritengo più adatto il termine “geoingegneria atmosferica”, visto che è li che tutto avverrebbe e questo è esattamente il nocciolo del problema.

Si tratterebbe infatti di immettere nell’atmosfera determinate quantità di aerosol in grado di riflettere indietro nello spazio la luce solare. Nulla che l’uomo non sia in grado tecnicamente di fare.

Gli scienziati sanno che funziona in fretta, visto il calo della temperatura media globale dopo che grandi eruzioni vulcaniche hanno diffuso grandi quantità di aerosol nell’alta atmosfera. Queste osservazioni dell’attività vulcanica forniscono una forte evidenza che un’iniezione deliberata di grandi quantità di particelle riflettenti nella stratosfera raffredderebbe rapidamente la Terra.

Rischi importanti, ma costi bassi

Un po’ pochino in effetti per dare il via ai lavori. L’uso del biossido di zolfo, candidato allo scopo, produrrebbe infatti piogge acide, probabilmente rallenterebbe la chiusura del buco dell’ozono e chissà quali altri impatti ancora non studiati potrebbe avere sull’atmosfera, se usato per questo scopo.

Di atmosfera ne abbiamo solo una e metterla a rischio per rimediare alla nostra incapacità di governare il cambiamento climatico da noi causato, mi sembra ovviamente una follia. Ma è ugualmente importante sapere che abbiamo almeno una soluzione di emergenza in caso di accadimenti ancora più catastrofici.

Del resto, sempre secondo il report delle Nazioni Unite, in meno di un decennio, con circa una ventina di miliardi di dollari investimento, si potrebbe abbassare la temperatura globale di 1 grado per un anno. Se pensate che Musk ne ha spesi 44 per comprare Twitter…

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